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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Marzo 2004

27 marzo 2004
SONO IO. DOMANI

Sperimenta la vita
e ricorda finchè
avrai fiato in corpo
che non esiste niente
come te stesso
e non esiste nulla
che ti possa
far rivivere il passato
perchè sei tu il presente
che non tornerà
fino al domani
quando ti sveglierai
con le tue lacrime
che non ti consoleranno
mai.
Piangi le tue lacrime
e vivi.

Ricordati le tue emozioni
e dimentica i pensieri
perchè non sarà domani
e non sarà nel tuo futuro
che troverai le risposte
che sono già dentro di te
ma non sai trovare
perchè sei tu
che non ti conosci
e sei tu
che non ti ricordi
quello che sei stato
e non saprai mai
quel che sarai
domani.
Vivi la tua giornata
finchè sei qui.

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22 marzo 2004
APOCALISSE

Quanto ci può mettere, una foglia, a staccarsi dal proprio ramo ed essere trasportata via dalla corrente autunnale? Quanto ci impiega, un foglio di carta, a bruciare nelle fiamme di un camino per scaldare un misero gatto infreddolito? Quanto ci possono mettere, le vostre illusioni, a crollare come foglie trasportate dal vento e destinate a bruciare in un camino, sotto il peso dei continui attacchi della vita?
Scopriamo ogni giorno di più che non basta l’illusione della serenità a farci andare avanti, non basta un’oasi felice nel tempestoso mare delle avversità per salvarci dalle miserie e dalle tragedie, non basta qualche amico sempre presente per farci sorridere quando non possiamo, non ne abbiamo voglia, non vogliamo.
E se non vogliamo non è perchè non ne sentiamo il bisogno, ma semplicemente perchè crediamo che non sia giusto sperarci in un momento come questo, un momento in cui scherzandoci sopra pensiamo che stia per finire il mondo, per venire l’armageddon, per giungere l’apocalisse. Ma forse l’apocalisse è già tutto intorno a noi, se continuano a succedere certe cose, se continuano a crollare certezze che avremmo creduto incrollabili, a cadere miti che non pensavamo fossero così instabili.

Sperate in quello che potete
voi che credete
perchè non saranno i vostri conigli rosa
a salvarvi dagli orrori del mondo
che sono tutto intorno a voi
vi circondano
e vi chiamano a gran voce.

Potete fingervi sordi
e ciechi quanto volete
ma non potrete mai nascondervi
alla vita
e al destino avverso
che non esiste mai
e dovreste crearvelo voi
ma quando succede
è già troppo tardi per tornare indietro.

Potete fingervi forti
come se niente vi possa toccare
o anche solo sfiorare
ma sarete soltanto i primi
a riconoscere quella folata di vento
che inesorabilmente vi spazzerà via
e non si annuncerà con squilli di trombe
e fanfare altisonanti
come alla venuta dell’apocalisse.

Urlate con quanto fiato avete in corpo
e scoprirete che
se non sarete voi a sentire la vostra anima
saranno forse gli altri
a credere nella vostra voce
e vi seguiranno
come si segue un’illusione che
non sarà mai mantenuta
ma è tanto piacevole
finchè dura.

Parlate, confessate le vostre paure ad una persona creduta amica, e vi si rivolterà contro. Parlate, confessatele i vostri timori, e ve ne farà soltanto venire di nuovi. Il mondo intero sta crollando, e voi state andando a fuoco come misere foglie in preda all’ultimo fiato di vento di una mattina di primavera.
Salvate le vostre illusioni. Smettetela di sperare. Smettetela di piangere. Smettetela di credere. Smettetela.

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14 marzo 2004
IL DEMONE

Spezzate una luce dagli occhi di un demone
e raccogliete i frammenti che cadranno,
prima che tocchino terra, prima che svaniscano
al primo alito di vento che coglierà
questa terra maledetta, colpevole di non aver saputo
raccogliere in tempo i frammenti
degli occhi di un demone sfortunato
nel giorno della sua morte imminente.

Spezzate una luce dagli occhi di un demone
ma prima guardategli dentro
perchè non avrete una seconda possibilità
di vedere l’immagine di dio nelle profondità
di quelle pupille dannate, condannate dalla vita
ad essere per sempre derise.

Spezzate una luce dagli occhi di un demone
ma prima guardatevi dentro
perchè non avrete una seconda possibilità
di riconoscere quello che siete
con gli occhi di un altro
e non avrete una seconda possibilità
di riconoscere quell’esistenza perduta
che non ritroverete mai più
se non nei frammenti degli occhi di un demone
se non nei frammenti dei vostri
perchè voi siete il vostro demone peggiore
ed è di voi che dovete aver paura
più di ogni altra cosa al mondo.

Spezzate una luce dai vostri occhi di demone
e spargete i frammenti che cadranno
prima che tocchino terra, prima che svaniscano con voi.

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13 marzo 2004
CANDELA

Ho acceso una candela per il mio cuore
e mi sono ritrovato ad ascoltarmi
nel buio di quella stanza vuota
che sono i miei pensieri e le mie volontà.
Ho acceso una candela per il mio spirito
e nel buio della stanza
sotto la tenue luce della mia esistenza
mi sono ritrovato a scrivere versi di gioia
e rime di noia
mi sono ritrovato a ricordare quando la cera
non era ancora colata da quella candela
che è la mia visione dell’essere
e dell’avere.
Immaginate una stanza buia e vuota, con un tavolo di legno racchiuso in un angolo, e sopra di esso le mie volontà, nero su bianco, riscaldate soltanto dal fuoco di due candele, accese per ritrovare dentro di me la via per tutto quello in cui credo e che spesso mi dimentico di cercare, accese per ritrovare quel piacere di cogliere la più intima essenza dell’esistenza di una pianta fulminata dalla furia degli elementi, accese per dimenticare e non ritrovare tutti i dubbi che mi assalgono non appena mi distraggo un attimo da quella via di luce che riesce a rischiarare soltanto una candela accesa su di un tavolo di legno, una candela accesa per il mio cuore.
Non lasciate che si spenga, la vostra candela.
Non lasciate che si consumi, e voi con essa.

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13 marzo 2004
CHIARA

Ascolta il tuo cuore per l’ultima volta, e ricorda.
Siamo tutti vasi di coccio, stracolmi delle nostre misere convinzioni, e vaghiamo nel vuoto. Siamo stati riempiti di nostre idee e nostre illusioni, ci siamo colmati di speranze e di vendette a tal punto che non distinguiamo più il buono dal malvagio, la possibilità dall’irrealtà.
Un giorno, poi, incontriamo finalmente una persona che ci potrebbe cambiare, che potrebbe riempirci di nuove emozioni e sensazioni, ma siamo già talmente pieni di noi che non capiamo, che non vogliamo capire.
Siamo solo vasi di coccio
colmati di stupide credenze
in cui qualcuno un giorno
verserà il suo nettare divino
ma non saremo in grado di berlo
e non saremo in grado di apprezzarlo
perchè siamo già talmente colmi
di noi stessi
che non esiste soluzione che
ci possa cambiare
e non esiste soluzione che
ci possa trasformare.
Siamo solo vasi di coccio
destinati a rompersi
prima o poi
sotto il peso delle nostre esperienze
e dei nostri inganni
solo perchè non abbiamo voluto esistere
al di fuori di noi stessi
e non abbiamo voluto credere
a qualcuno che non siamo noi.
Siamo solo vasi di coccio,
rompeteci per favore.

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12 marzo 2004
HO PERSO

Ho perso la memoria
e ritrovato la ragione.

Ho perso l’udito
e sentito la voce dell’anima.

Ho perso la voce
e mi sono abbandonato a me.

Ho perso.
E ha vinto l’etica di me stesso.

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11 marzo 2004
PER ME

Ho cambiato il mio modo di vedere il mondo
per una luce vista accesa un giorno
dietro i vetri di una finestra abbandonata
murata dietro una facciata di noncuranza
ed indifferenza,
ho cambiato il mio modo di vedere il mondo
dopo aver conosciuto la voce di un dio
che non avrebbe mai voluto essere tale
ma soltanto riposare in pace
come tutti quei morti che lo invocano ogni giorno,
ho cambiato il mio modo di vedere il mondo
e ho urlato al cielo tutte le mie speranze
divenute irrealtà col candore della sera
quando ho scoperto finalmente
il colore della luce dell’anima.

È il mondo che mi è venuto incontro
con la sua luce abbandonata
la sua voce divina
e tutte le mie speranze
sono crollate come d’incanto
sotto il tuo sorriso maledetto
dal giorno in cui mi ha raggiunto
e mi ha raccontato
sonetti perduti e ballate dannate
che non svaniranno mai
fino a domani
dal mio spirito fallito.

Ho scoperto che non è il mondo
ad essere crollato intorno a me
e non è il mondo
che mi ha sommerso
con tutte le sue incantevoli malie
e con tutte le sue mendaci parabole,
ma sono io il colpevole
di quell’omicidio
che è l’imperativo passivo
dell’essere amato
per i propri difetti che non esistono affatto.

Corri con tutto il fiato
che ti rimane in quel tuo piccolo e fragile corpo
perchè non credo che il tuo dio
ti possa salvare da te stesso
e non credo che tu voglia
essere condotto in salvo dal tuo dio
finchè non saprai che sei il peggior incubo
che si sia mai svegliato nella tua mente
e nella tua perduta realtà
che non ritornerà mai più
a quelle spiagge incantate
che sono i tuoi “ricordi?”
che sono i tuoi “rammenti?”

Ho cambiato il mio modo di vedere il mondo
e ti sono corso incontro
solo per scoprire ogni istante di più
che non sei affatto quel miraggio
che tutti volevano farmi credere
e non sei affatto quel mito
che mi ero costruito
ma a cui mi ero appeso
con tutte le mie speranze e forze
prima di crollare in quell’abisso
che sono e saranno sempre
le mie illusioni.

Ho cambiato il mio modo di vedere il mondo
e ho pianto.
Per te.
Per me.
Perchè?
Per te.
Per me.

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10 marzo 2004
SVEGLIATEMI

Insegne che ora si accendono e ora si spengono, come ricordi sopiti nel vago torpore svaniti.
Marmo ghiaccio freddo addosso, tutto intorno a me, che non mi lascia respirare, non mi fa dormire, non mi sorregge nemmeno più.
Ore che diventano minuti nell’attesa di una sola parola, vergata nei ricordi, affinchè i secondi diventino giorni e svaniscano sui binari perduti delle memorie a scomparti chiusi.
Ho sognato e mi sono svegliato. Ero sveglio e mi sono lasciato andare all’ultimo, ennesimo sogno.

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9 marzo 2004
TRE MURA

Tre mura di vento. Questo è quello che ti si para davanti, quando non credi di avere un futuro davanti a te che non sia un banale riavvolgersi del nastro della tua vita passata.
Ricordo ancora serate serene e disinvolte trascorse a sussurrarsi segreti e speranze per il domani, quando ancora non si conosceva il caldo abbraccio della vita, quando ancora si credeva che ogni stella cadente fosse un guerriero caduto che tornava in vita.
Tre mura di pianto. Questo è il dazio da pagare per continuare a sorridere indifferenti ai continui attacchi della sorte, alle continue richieste di cedimento da parte della vita.
Ho pianto su di un fiore strappato dal suolo, e le lacrime non sono servite a farlo rinascere, e le lacrime non sono servite a farmi risorgere. Ho pianto su di un fiore strappato dal suolo, solo per crollare con lui nell’abbraccio dell’oblio imminente e inevitabile come la caduta della notte. Ho pianto su di un fiore strappato dal suolo, e mi sono asciugato le lacrime ricordando a me stesso che la vita è come quel fiore, e la speranza come la vita.
Tre mura di canto. Per me, e tutte le mie speranze. Per te, e tutti i tuoi sogni. Per un fiore strappato dal suolo, un giorno, da un dio malato che è stato dimenticato dietro tre mura di vento, ed è stato abbandonato oltre tre mura di pianto.
Cantate con me per quel dio, e cantate con me per quel fiore, perchè sono la stessa cosa agli occhi di un bambino, e sono la stessa cosa per l’infausto destino.
Cantate con voi per la vita, e cantate con voi per la sorte, perchè non avrete una seconda scelta fintanto che non avrete scordato di essere stati abbandonati lo stesso giorno in cui siete nati.
Auguri.

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9 marzo 2004
…E SE VA BENE A ME, BUONA CAMICIA A TUTTI

Prendete carta e penna, e scrivete quanto vi sto per dire: Simone Pungiglione si laurea. Scrivetelo una volta, due volte, cinque volte, dieci volte. Scrivetelo finche' non sentirete le sirene della neuro arrivare alle vostre spalle. Sara' allora, che capirete che non avreste dovuto leggere la posta elettronica stando seduti in mezzo a Corso Europa.
In ogni caso.
Simone Pongibone si laurea. Non ricordo quando, se proprio devo essere sincero. A marzo, pero'. Il 24, forse. Se non lo conoscete, non potete non portarmi i soliti 3 euro per partecipare al solito regalo di laurea. Se lo conoscete, e' lo stesso. A parte gli euro, che a questo punto diventano arbitrari. Io sono sempre Pazuzu, login 1996s012, per l'anagrafe e gli istituti psichiatrici Daniele Assereto. Quindi, che cosa state ancora aspettando? Io ve l'ho detto, e se volete ve lo ripeto. Simone Pongibove si laurea. Simone Pasticcione si laurea. Simone Pongibonsi si laurea. Simone Pongiglione si laurea. Simone Pon... [lo portano via]

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8 marzo 2004
FOLLIA

Ho visto spegnersi il mare
sul sospiro di un corvo,
ho visto crollare un fiore
sotto il colore di un sogno,
ho visto morire una stella
e con essa l’intero firmamento,
ma non ho mai visto
un mare più calmo dei tuoi occhi,
un fiore più resistente del tuo spirito,
o una stella più luminosa di te.
Lascia che ti accompagni
per sette valli
e infiniti cieli
perchè la mia vita non
avrebbe più senso senza
la tua presenza.
Ti amo, follia.

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8 marzo 2004
GRANO DI POLVERE

Gli errori più difficili da superare sono quelli in cui crediamo maggiormente. Questo era il pensiero ricorrente di quel grano di polvere, mentre veniva sospinto via dall’ennesimo fiato di vento. Questo era il suo pensiero mentre si struggeva per la sua sorte, per quello in cui credeva.
Trovare un altro grano di polvere con il suo stesso peso nel mondo, con le sue stesse speranze e le sue stesse credenze, non gli era mai parso possibile. Un gemello di vita, ma completamente diverso, un gemello di vita, ma indissolubilmente così lontano dalla sua visuale che poteva solo percepirlo.
Ma sapeva che c’era. Ne era certo. E di conseguenza non poteva che sperare che l’ennesimo alito di vento lo portasse anche solo qualche millimetro più vicino, qualche millimetro meno lontano. In questa speranza trascorreva ore a piangere lacrime di gioia, perchè ora sapeva che quel grano esisteva, ma allo stesso tempo esultava in cori di pianto, perchè temeva di non riuscire a raggiungerlo mai.
Siamo tutti grani di polvere trasportati dall’ultimo vento, ed in esso ci culliamo illudendoci di star giungendo a quel paradiso che ci fu promesso nello stesso tempo in cui ci fu negato. Ci illudiamo invano per un sorso d’acqua di una brocca rotta. Ci illudiamo invano per un ultimo sorriso che non arriverà mai, e per quella parola magica che continua a tenere unito questo folle mondo che di sano ha oramai solo più l’illusione di ruotare all’infinito.
Siamo tutti grani di polvere spazzati dall’amarezza di ogni giorno, con nient’altro che un sospiro alle spalle per sorvolare oceani di inconsistente delirio.
Ho pianto sui tuoi occhi, e mi sono risvegliato. Ho pianto sui miei dubbi, e mi sono assopito. Ho pianto sul mio stesso pianto, e mi sono ritrovato. Solo. Con due grani di polvere sul palmo della mano. Li dono a te, notte che arriva. Li dono a te, luna dai mille colori. Li dono a te, cuore malato dall’infanzia che in nulla crede più. Li dono a me, misero e mendace, e me ne vado via. In silenzio, sotto lo sguardo benevolo della notte e della luna, dell’onore e della miseria, delle speranze e delle incoscienze.
Ricordatevi di me, che fui un misero grano di polvere. Ricordatevi di me, prima che il sole risorga. Ricordatevi di me, ed io mi ricorderò di voi quando l’ennesimo alito di vento mi porterà anche solo qualche millimetro più vicino a voi. Qualche millimetro meno lontano da me.

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5 marzo 2004
SERPENTI

Brilla di lassù
e riscalda il mattino
che non ritorna mai
e non si risveglia con me.
Ho distrutto
le mie illusioni
nella speranza
di svegliarmi un mattino
senza il sorriso
di quella tristezza insistente
che non ritorna mai
se non la cerchi.
Amati
e sparisci nelle tue carezze
che si dissolvono
nel candore dei tuoi sogni
che incantano anche i serpenti
nel deserto immacolato.

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4 marzo 2004
SORTE

Nel dipinto dei tuoi occhi si può leggere la sorpresa, nei miei la gioia. È bello, piacevole e altrettanto rilassante godere dei piaceri della sorte, quella strana figura che sembra governare i destini di ogni persona che non abbia il coraggio di assumersi sulle spalle il peso dei propri errori.
Spargete una libbra di sale sulle vostre più intime ferite, fino a che non le vedrete sanguinare di gioia, fino a che non le vedrete evaporare nei fumi di una notte senza luna e priva di sogni. Spargete una libbra di lacrime sulla mia coscienza, ed io sarò lì con voi, al vostro fianco, a tenervi per mano mentre commetteremo insieme l’ennesimo sbaglio.
È in voi, la vita.
È in voi, la serenità.
È in voi, il dubbio.
È in me, la...

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3 marzo 2004
AL SUONO DI UN'ORCHESTRA

Al suono di un’orchestra
hanno danzato i ricordi
di un vecchio malato
condannato dalla vita
e dalle sue stesse scelte
a restare da solo
negli ultimi giorni
prima della venuta dell’inverno.

Al suono di un’orchestra
hanno danzato i sogni
di un infante appena nato
condannato dalla vita
e dalle sue future scelte
a restare da solo
per boria o per noia
fino a che anche per lui
giungerà il fatidico inverno.

Al suono di un’orchestra
hanno danzato i giorni
di un uomo perduto
che si dannava sulla sua vita
passata e futura
perchè non era in grado
di vedere il colore del vento
e udire il canto degli occhi,
perchè non era in grado
di capire la geometria
che circondava la sua mente.

Al suono di un’orchestra
hanno danzato i demoni
e con loro gli angeli
che di questa vita
sono i custodi
dei pochi segreti
e dei molti rimpianti.

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2 marzo 2004
MURO DIPINTO

Parla con un muro dipinto e otterrai tutte quelle risposte che ti possono raggiungere solamente dopo anni passati a bruciare le speranza d’infanzia. Parla con un muro dipinto e saprai tutto quello che vorresti sapere sulle tue ambizioni, ma non saprai mai il nome dello spirito della rivincita umana. Parla con un muro dipinto e vedrai l’orizzonte delle tue passioni mescolato con le possibilità svanite dalle tue esperienze passate. Parla con un muro dipinto e scoprirai te stesso, con tutte le tue paure e le tue paranoie, e vorrai sperare che quel muro si tramuti in uno specchio, e quelle macchie di colore in colori della mente.

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2 marzo 2004
CANDORE

Ho visto un cigno morire
e nei suoi occhi
c’era ancora quel candore
che esiste solamente
nelle speranza di uno spirito puro
come te.
Vola alto
lontano da queste miserie
con le ali di quel cigno
e con il suo candore
che mai svanirà
nelle notti infinite.
Portami con te
via, lontano da qui
dove tu sola sai
perchè se solo vorrai ascoltarmi
sentirai il candore di quel cigno
che è morto, ma vive in te.

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2 marzo 2004
VIA

Ho dimenticato la via della ragione, e con essa la speranza di comprendere fino in fondo chi io sia e chi siano le persone che mi circondano, quelle facce vuote che continuano a susseguirsi giorno dopo giorno, quelle facce vuote che mi rivolgono la parola e si aspettano delle risposte da me, che non so più nemmeno il mio nome.
Ho dimenticato la via della ragione, e abbracciato il dolce oblio della follia, immatura e incondizionata come il marcire dei vermi sottoterra, quella stessa follia che conduce una stella lontana a spegnersi dopo millenni di vita serena, passata a splendere sulle sorti di qualche anima perduta ma fortunata.
Ho dimenticato la via della ragione, e ho perduto le chiavi di quello scrigno che sono i miei occhi, diventando così cieco che non riesco nemmeno più a godere della vista di una rosa bianca davanti a me, o di una foglia morta che si stacca dal suo ramo e viene cullata dal vento finchè non giunge a terra.
Ho dimenticato la via della ragione, ma sto ancora cercando il corso della mia vita.

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1 marzo 2004
ABISSO

È facile ricadere nell’abisso,
in quell’abisso
che sono le tue debolezze
e le tue fissazioni, le tue incertezze e le tue emozioni.
È facile come osservare le nuvole che serene scorrono in cielo, è come offrire un sorriso ad un bambino che piange, è come rincorrere i minuti che sfuggono via nel dolce candore del tempo.
L’abisso ci attira, l’abisso ci illude, l’abisso ci lusinga. Chi siamo noi per resistere alla sua voce? Ci chiama, e noi lo seguiamo. Ci invita, e noi gli crediamo. Ci sussurra, e noi non vogliamo fare altro che sperare nella verità di quel che dice. Siamo uomini vuoti, non chiediamo altro che guardare negli occhi dell’abisso senza che lui guardi nei nostri, ma non ci rendiamo conto che in quell’istante noi siamo già dentro l’abisso. Siamo già noi, l’abisso.
Sappiamo crollare come nemmeno una montagna sa fare, sappiamo piangere più lacrime di quante gocce ci siano nel mare, sappiamo perdere come se non avessimo mai avuto una memoria, ma non sapremo mai volare lontano da quell’abisso che ci continua a torturare oggi, domani e ieri, senza tregua, fino allo scoccar della morte.
Abbiamo perso anche la speranza, l’ultimo appiglio che ci restava e a cui potevamo mirare dalle profondità di quell’oscurità profonda. Ci siamo perduti, e non vogliamo ritrovare la strada di casa.
Ci siamo perduti, e abbiamo dimenticato come si chiede aiuto per ritrovare la via. Ci siamo perduti, e siamo soddisfatti di noi stessi.
Perduti.
Abbandonati.
A noi stessi.
Ma siamo noi.
Che lo vogliamo.
Siamo perduti.
Lasciateci pure qui.

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