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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Luglio 2009

30 luglio 2009
BOVARY

Il mercato è avanzato talmente tanto che s'è imbastardita la merce, e ora vi sono venditori per tutte le vie, ad ogni angolo della strada, lungo ogni marciapiede, laddove una volta c'erano solo puttane e papponi. Chi paga per questo ottiene soltanto un misero appagamento, e ne vuole ancora, ne vuole di più, sempre di più, fino a colmarsi l'empia gola di quella merda che in altri tempi sarebbe stata riconosciuta per quello che in effetti è: merda. E ho scritto merda in minuscolo apposta, perchè merita il niente, il nulla, il vuoto più assoluto e monarchico che esista.
Chi cerca di toglierci quella merda di bocca è un Missionario, una persona che ha abbandonato tutto della propria vita per portar avanti il credo che rischia di annullarlo ogni giorno, ogni ora, ogni fottuto secondo. Un Missionario il cui scopo è cercare di sollevare le Vostre teste, cercare di chiudere le Vostre bocche, cercare di lavare i Vostri piedi da tutto il fango che hanno calpestato, e per farlo è disposto ad usare la Sua vita, il Suo corpo, e per cosa poi? Per essere deriso, o per essere lodato con quelle pacche sulle spalle che oramai si concedono anche ai randagi che sopravvivono fuori dall'uscio di casa.
Ma ne vale la pena?
Perchè è di Pena che stiamo parlando, è di Pena che stiamo scrivendo. Ne vale la Penna? Pensa. Pensaci fosse solo per un centinaio di secondi, pensaci per poco più di un minuto, pensaci per tutta la tua vita, con tutto il tuo corpo. Chi sei tu, per cercare di trascinare nel tuo fango anche quel Missionario? Dipingiti pure tutto di bianco per immacolarti faccia e coscienza, ma sappi che prima o poi verrà anche il tuo turno. Prima o poi anche quel tuo bianco dovrà impallidire, e cadere in frantumi di fronte a Lei. Crepa. Crepa, dunque. Crepa e porta con te tutta quella merda che hai mangiato giorno dopo giorno, senza sosta, finchè hai avuto la convinzione di essere qualcuno. Crepa e sparisci in un gioco di fumo e polvere, in una danza di luci povere di spirito, proprio come te.
Adesso.
Poggia quella merda dove l'hai trovata. Rimettila al suo posto, rimettila dove l'hai trovata, rimettila ai tuoi creditori. E prova [prova soltanto] ad alzare lo sguardo. Non ti chiedo ci cercare di raggiungere la linea dell'orizzonte, forse per ora è ancora troppo presto. Ma a piccoli passi, chissà. Solo, non metterci troppo tempo. Non aspettare troppo, perchè quel Missionario non sarà sempre lì, pronto per te, disponibile per i tuoi capricci. Alzati. Alza il culo. E' l'unica ginnastica che ti viene chiesta.

Ok, forse l'unica no. C'è anche un altro movimento che dovrai imparare: portare i fogli di carta al giusto Mercante, all'onesto Missionario. ADESSO.



[Risposta a QUELLA PUTTANA DELLA BOVARY...]

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17 luglio 2009
MONOLOGO

Stasera io farà sporco lavoro su faciesliber
[...O è visuliber?]
E da casa
Facebook è la morte
Non è lento:
DI PIU'
Io fa mezza cena mentre il sito si apre per la prima volta

Hihi
Lautissima, la cena
Guarda
Più lauto di me
C'è niente
Il mio soprannome al liceo era "lauto"
Al che io rispondevo "brumm brummmm"
Giuro, eh
"BRUMMM BRUUUMMMMM"
E tutti giù a ridere

Hihi
Comunque
Povera te tu
E che hai fatto quindi fino alle sette?

Credevo poi ti fossi dedicata ad altro
Non sempre e solo a leggere orrendo libro giallo

Era maggiordomo?
Era cappuccino?
Era gorilla?
Era Miss Scarlet?
Era Tim Curry?
Era Jessica Fletcher?
Era buco nell'ozono?
Non farmi stare in ansiaaaaaaaaaa
Dimmi chi eraaaaaaaaaaaaa
...
Niente, mi lasci nella suspence più nera del nero
Come in barile di catrame
Ora mancano solo le piume, guarda

In realtà ho capito che ti piacciono i miei monologhi
E quindi mi ignori di proposito
...
CATIVA!
[La sola T era voluta]
Cativa!
Non solo non mi dici chi è l'assassino, ma mi vuoi anche far leggere TUTTO il libro
E poi lo sai
Che io non riesco a leggere i libri prestati
Quindi
Sei triplicemente CATIVA
[Ma esiste la parola "triplicemente"?]
[...]
[Ah ecco, mi pareva!]

Tuoi amici ti reclamano
Reclamano, o in reclavatrice
[Pessima, questa]

Vero, è
A me non reclama mai nessuno
Io è oggetto smarrito
È cane abbandonato su sopracciglio di strada
È foglio accartocciato in cestino di rumenta

Uh?
Daniele va ancora bene
Puoi continuare a chiamarmi così
GIURO
Daniele mi piace
Continua a chiamarmi Daniele
Dai
INSISTO

Ecco, tu ride di me
Oh, povero me disgraziato
Me abbandonato e deriso
Me smarrito e deluso
Me accartocciato e...

Eccomi
Ai tuoi ordini

Veramente pensavo di metterle a lavare, quelle tende
Ok, allora facciamo così
Tu ti fai un caffè
Ne bevi anche un po' per me
E io nel frattempo tolgo 'ste tende
Che a forza di piangerci sopra con fare teatrale ci sono cresciute le liane
E le lacrime le hanno concimate così tanto che manco il fagiuolo magico di Pollicino...
[...]
[...Rumore di stoffa strappata, in lontananza...]
"Cazzo!"
Non le facevo COSI' fragili

Già qui?

Ma ancora? io sono Danieleeeeee

Ahuuhahuahua
Piacciono miei teatrini?
Lo so, lo so
Niente autografi
...
Okay: non so scrivere, ma non dirlo in giro
Che poi la gente ti crede
E smette di credere in me
A quello che dico, cioè
In me non ha mai creduto
NESSUNO

Scusa, ora smetto, anche perchè non ho nemmeno più le tende...
A cosa serve disperarsi, se non si hanno tende a cui aggrapparsi?
Più tende! Più tende!
[Normalmente, su questa frase la gente capisce "più tette! più tette!" e mi guarda SEMPRE male]
Più tende per tutti, e la gente sarebbe più felice
Tende solide
Tende resistenti
Basta che tende siano
...
Ma vi vedo impegnata, mia cara
Smetto di importunarla con i miei soliloqui
Se ciò vi reca disturbo
...
Se invece reca nati: o è cicogna, o è Leopardi
[Sempre di animali si tratta]

Tu è qui?
O tu è ancora affacendata?

Uuuuuuuuuh
E io che stava pensando di sfruttare monologhi per mio prossimo scritto
Qualcuno era proprio bellino
Qualche punto, intendo
Okay, non c'è bisogno di non dire niente per farmi capire il contrario, EH!

Uahhuahua
VOLGARTE, questa
[Voleva essere "volgare", ma la T sfuggitami ci stette bene e ce la lasciai]
Più stette per tutti
Per stutti, cioè

Dimmi tutto, CAPO

Se io è CAPO, tu è CUORE
E: si sa
Vince il CUORE

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1 luglio 2009
SILENZIO

Non giudicatemi.

Tutti hanno le proprie debolezze, anche se qualcuno le sa nascondere meglio di altri. Chi sono io per ritenermi superiore a voi? Nessuno. Proprio nessuno.
Il mio racconto inizia in un pomeriggio di più di trenta anni fa, quando ancora non mi ero reso conto di nulla. Ero convinto che il bianco fosse bianco, la notte fosse la notte, e le decisioni prese fossero incontestabili e immutabili nel tempo. Mi sbagliavo. Oh, quanto mi sbagliavo! Non esiste colore al mondo che non possa essere contaminato da gocce di fluidi esterni, o stella in cielo che non possa venir oscurata anche solo da una nuvola di passaggio. Non esistono posizioni prese che possano risultare indifendibili e che diventino uno scudo da tutte le radici che poco per volta continuano a crescere sotto di noi. Non esiste nessuna sicurezza, nessuna possibilità di fuga, nessun punto fermo nella vita di chiunque. Non esiste un futuro predefinito, determinato e deciso.
A volte mi sorprendo di come i ricordi possano assalirmi nei momenti più strani e inaspettati, portando la mia mente a rincorrere pensieri che avevo rimosso, o addirittura che non pensavo nemmeno potessero essere miei. A volte sentiamo dentro di noi una sensazione di chiusura fisica, di oppressione materiale, di pressione mentale, che ci assale anche nella più silenziosa delle notti. Tutto intorno a noi è immobile, non si muove neanche un filo d'aria, eppure da qualche angolo del nostro cervello sentiamo provenire un fischio lontano, un rumore ovattato ma acutissimo, come se fosse un filo di consapevolezza che ha ritrovato finalmente la strada di casa ed è giunto fino a noi. Tutto tace, eppure il silenzio stesso sta gridando con tutto il fiato che abbiamo in gola, con tutte le forse che ci sono rimaste in corpo, quello stesso corpo di cui pensiamo di riconoscere ogni singola cellula, ogni più piccolo difetto. Ma ci sbagliamo. Oh, quanto ci sbagliamo!
Mentiamo a noi stessi, l'abbiamo sempre fatto. Abbiamo imparato a farlo con una facilità talmente disarmante, che non ci accorgiamo nemmeno più di quello che abbiamo davanti agli occhi, di quello che stiamo toccando, delle nostre perdute illusioni. Mentiamo a noi stessi e ci costruiamo attorno un recinto di ghiaccio che non riesce a tenere lontano nemmeno la più piccola farfalla che prova a volare in quello spazio aperto che è la nostra realtà di tutti i giorni. Mentiamo a noi stessi e ci tappiamo le orecchie con un singolo foglio di carta velina. Mentiamo a noi stessi e ci tarpiamo le ali come se fossimo noi quella farfalla che cerchiamo invano di tenere fuori dalla nostra portata, senza accorgerci minimamente che siamo oramai coperti da uno sciame di api che ha fatto il nido sul nostro corpo, su ogni centimetro del nostro spirito. Ci assolviamo da tutti i nostri peccati come se fossimo giudice e giuria, una santa inquisizione venuta al mondo per giudicare le colpe degli altri che non ricadranno mai sulle nostre spalle, sui nostri peccati.
Ogni giorno che si sussegue all'altro ha gli stessi colori di una decisione oramai infranta, di una notte diventata giorno, di un candido foglio bianco su cui sono state sbavate talmente tante macchie d'inchiostro da aver assunto le sembianze stesse dell'apatia. E' questo, quello che vogliamo da noi? E' questo, il futuro che ci eravamo immaginati e che abbiamo lottato per raggiungere? E' questo, il sogno della nostra infanzia divenuto realtà? Vi sbagliavate. Oh, quanto vi sbagliavate! Io non sono come voi, nè superiore nè inferiore. Io non sono come voi vi aspettavate che io fossi, come voi speravate io diventassi. Io non sono il fostro fragile burattino a cui tirare i fili per ottenere una danza macabra il cui destino possa essere deciso a priori. Sbaglierò, imprecherò, sputerò sangue, ma non sono come voi.

Giudicatemi, adesso.

Lasciate che le vostre letture di me mi scivolino addosso, perchè tutto quello che è davanti a voi sono soltanto le vostre convinzioni. Lasciate che le vostre conclusioni vi convincano del vero di quello che siete convinti di vedere, di quello che siete sicuri di sentire, di quello che siete certi di aver compreso. Non mi state offendendo, ma mi state liberando: dai vostri giudizi, dai vostri pensieri, dai vostri colori.
Ogni istante che passerete a guardare verso di me non sarà altro che un giorno perduto a guardare nello specchio della vostra anima, nel più profondo del vostro recinto di ghiaccio che oramai si sta sciogliendo al sole. Sentite quella brezza che vi accarezza la pelle? Sentite quel sussurro che sembra provenire da lontano? Non sono altro che le frustate di quelle sporche notti che stanno prendendo forma dall'interno di voi e che bramano di uscire.
Sorridete. Dovreste essere ancora capaci di farlo. Sorridete. Ma non un sorriso falso di quelli che finora mi avete regalato ad ogni compleanno, non un sorriso falso che ha la stessa valenza di un bicchiere oramai vuoto per un alcolizzato all'ultimo stadio. Siete voi, quelli che state compatendo. Siete voi, il vostro imputato sotto accusa. Siete voi, la causa della vostra dannazione interna. Siete ancora in grado di sorridere? Guardate in questa direzione. Guardatemi nello specchio dei vostri occhi, e provate adesso a sorridere. Provateci.
Alzo un dito, ed è diretto a voi. E' diretto verso di te. Ma non è un segno di condanna, non è un giudizio universale. E' soltanto un dito, un appiglio a cui aggrapparti prima di precipitare in quel burrone che giace alle tue spalle. Mi sarebbe piaciuto porgerti l'intera mano, ma non riesco. Ho soltanto un dito, a disposizione. E un dito, per te, deve essere più che sufficiente, dopo tutto. Non intendo sprecare una mano per la tua salvezza, non ho voglia di renderti la vita troppo facile. E' un dito, fattelo bastare. Non avrai altro, da me.
Il silenzio, attorno, cade e mi ricopre le spalle col suo manto di spregevole sicurezza. Ho pianto, ho tremato, ho dimenticato quello che non avrei dovuto, e ricordato le banalità. Ho fatto tutto questo per te, e ancora non ne riesco a capire il motivo. L'unica compagnia che ho ottenuto è quella di questo silenzio affascinante, di questa pace che oramai è parte di me. Lascio che quel fischio lontano torni a me, e diventi sempre più forte. Lo abbraccio, e mi accorgo che non sto più urlando, non sto più piangendo, non sto più tremando. Mi abbraccio, nel bianco silenzio della notte.

Giudicami.

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