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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
20 Marzo 2007
RICORDI DIMENTICATI

Ci sono paure che restano sopite nell’animo per anni, prima di tornare a far capolinea dal pozzo senza fondo dei ricordi. Ci sono paure che avevamo rimosso per istinto di sopravvivenza, perché non avremmo potuto continuare a vivere se non le avessimo superate, in qualche modo. In qualsiasi modo.
Queste paure, prima o poi tornano. Come un boomerang lanciato e poi dimenticato, loro tornano ugualmente ed inesorabilmente. Tornano per ricordarci quanto siamo fragili, quanto siamo poveri di spirito, quanto siamo deboli. Tornano per uccidere la nostra volontà e cercare di schiacciarci, annientarci, annullarci. Tornano per noi, e non se ne andranno senza aver fatto crollare quel magico castello errante di carte che ci siamo costruiti attorno alle nostre spavalde insicurezze. Tornano, siatene certi. E non avremo scampo.
La reazione è tutta nostra. Sta a noi reagire con passività, o lottare. Anche se la lotta sarà impari, perché non si può abbattere una montagna armati con un solo temperino. Non si può ricostruire un tronco di legno dalle sue ceneri. Così come non si può stringere tra le dita di una mano un pensiero, per quanto semplice esso sia. Potremo cercare di resistere, ma sarà quasi inutile sotto il peso di quei ricordi che si sono risvegliati in noi. Sarebbe come voler avere una prova concreta dell’esistenza di un dio, uno qualunque. Assurdo.
Ci sono emozioni che non dovrebbero essere ricordate, che dovrebbero restare dormienti in noi, eternamente in attesa. Il problema, purtroppo, è che queste emozioni o paure sono in grado di aspettare eternamente, per sempre, fino al momento in cui avremo la guardia abbassata e ci colpiranno alle spalle facendoci più male di quanto non avremmo mai creduto possibile. Mai.
Dovremo cercare di far buon viso a cattivo gioco, per non perdere quello che ci siamo costruiti nel frattempo. E sperare, nel più profondo del nostro cuore, di riuscire nuovamente a dimenticare tutto, di nuovo. Per una seconda volta, sperando che non ce ne sia mai una terza. Ma oramai è tardi.

I miracoli sono come i fulmini. Non cadono mai due volte nello stesso posto.

E quindi possiamo dire tranquillamente addio a tutte le nostre speranze di dimenticare, o di superare tutto indenne come già siamo riusciti a fare una volta. Troppo tardi.
Ormai, l’unica cosa che possiamo fare è guardare i cocci per terra ed avere il coraggio di cercare di raccoglierli. Prima che vengano a prenderci, prima che il nostro tempo sia oramai finito. Noi che abbiamo visto, noi che abbiamo patito, noi che abbiamo ricordato. Noi che volevamo dimenticare, ma ci è stata negata questa grande possibilità e speranza.
Non ci resterà quindi che una sola ultima cosa da fare. Salutare tutti, e unirsi a loro. Il loro tempo è infine giunto, e noi ne siamo testimoni. Per la seconda ed ultima volta. Abbiate pietà di me, per non avervi avvertito in tempo. Oramai è troppo tardi. Loro sono già qui, e sono qui per tutti noi. Ia! Sono il vostro umile servo! Ia! Ia! Sono qui! Ia! Cthulhu fhtagn! Ia! Ia!

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