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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
16 Giugno 2008
AMORE

Mi guardo indietro, e non riesco a sorridere. Ogni volta è uguale, ogni volta è diverso. Tutte le volte che sento di dipendere da te, è come se qualcosa mi si spezzasse dentro. E' come se la mia vita fosse una grande città e le mie emozioni non fossero altro che strade bagnate da una pioggia notturna e perenne. In lontananza si intravedono macchine sfrecciare in strade isolate, e si sentono tassisti che attraversano le zone abitate, da un punto all'altro, in modo continuo. In modo confuso. Una strana pace regna sovrana tutto intorno, e neanche i gabbiani osano interrompere quella strana assenza di suoni. Solo in lontananza si sente l'eco di una chitarra solitaria che infrange come il muro del silenzio, accompagnando il volo degli uccelli che sfiorano rasenti i muri delle case. Sono note solitarie, non riesco a capire bene. Sono scale blues, forse. Tendo l'orecchio. Adesso mi sento come se avessi cercato di raggiungerti tutto il giorno, senza risultato. Mi sento come se tu mi avessi detto che preferisci stare sola, piuttosto che con me. Mi sento come se il mondo intero stesse sprofondando sotto i miei piedi, dall'alto del terrazzo di questo palazzo, ed io non mi fossi mai accorto prima di quanto potessero pungere le lacrime. Di quanto potessero scavare le mie guance. Di quanto potessero corrodere il mio viso. Mi sento come se fossi in cima ad un grattacielo di questa città lontana, e stessi osservando dall'alto tutte le macchine che passano, sfrecciando incuranti della mia presenza. E da lassù, mi sembra quasi di vederti. Mi sembra di scorgerti attraverso la finestra del tuo locale preferito, ma è troppo lontana. Troppo lontana da me, troppo lontana per raggiungerti. Mi sento come se fossi lontano mille miglia, in una galassia lontana. Mi sento come se fossi su Marte.

Fanculo.

Ricordo ancora come tutto è cominciato. Ricordo ancora perfettamente come ci siamo conosciuti. Tu venisti da me, quel giorno lontano, con quel tuo sorriso profondo. Abbiamo parlato un poco, anche se in realtà avevamo ben poco da dire. Avevo ben poco da dire. Abbiamo quindi bevuto del vino, da una bottiglia che ricordo ancora adesso. Il tramonto poco per volta è sfumato nei colori della notte, e noi l'abbiamo accolto insieme, promettendoci pensieri che sapevamo non avremmo mai mantenuto. Ricordo che mi dicesti che credevi in me. Credevi in quello che ero. Chissà se adesso credi ancora che io possa amarti per sempre. Ricordo di aver assaporato quella notte il frutto della passione, e ricordo ogni singola parola che uscì dalle nostre labbra. In quel momento ero veramente colui che ti avrebbe amata per sempre. Ma quello che volevo, forse, era molto più semplice. Forse non lo capivo ancora nemmeno io, ma quello che cercavo non era altro che il tuo fascino femminile. Quello che cercavo era qualcosa che solo tu potevi darmi, e che avresti potuto dare solo a me. Mi continuavo a ripetere che il nostro amore sarebbe sfumato come petali di un fiore appassito, e che io avrei assistito a tutta la scena dall'alto, indifferente. Ero così forte e sicuro di me. Forte di un'arroganza che mi proveniva direttamente dall'ingenuità. Forte di una sicurezza che non era nemmeno mia. Prima che l'alba sorgesse, sapevo che me ne sarei dovuto andare, e scomparire nel nulla. Prima che l'alba sorgesse.

No.

Adesso invece mi sento lontano, come se un barca mi stesse portando lontano, sempre più lontano, via da te. Lontano dai ricordi che ci hanno uniti, lontano dalle persone a cui importa se io sia vivo, o morto. Ho frainteso tutto, me ne rendo conto. Un errore dopo l'altro, sono riuscito a commettere tutti gli sbagli possibili che mi accompagneranno fino alla fine della mia vita, come se fossero un mero miraggio lontano. Ma ho il ricordo di averti stretta tra le mie braccia, e nient'altro importa. Volevo solo stringerti tra le mie braccia, non chiedevo nulla più. Sei arrivata nella mia vita, come un fulmine. Mi hai illuminato l'esistenza, ridando un senso anche a tutti i miei pensieri già morti, ridando un significato a tutte le sensazioni che dovrebbero morire solo per poi sentirsi ancora, nuovamente e perennemente, vive. Vorrei non lasciarti andare mai più, perchè so che il tuo posto è qui con me. Non ti lascerò andare via, se mi prometti di non scomparire. Non scomparire mai. Io ti prometto le stelle, e l'intero firmamento al di sopra di esse. Mi sento come se fossi in una galassia lontana, e tutto quello che chiedo è stringerti ancora tra le mie braccia. Voglio solo stringerti, qui tra le mie braccia. Non scomparire. Non scomparire mai.

Ricordo.

Quand'ero piccolo mi innamoravo di tutto. Anche se mi dicevano che a un dio a lieto fine non avrei dovuto credere mai. Anche se il mio amore era solo una risata. Eri tu. Eri il mio sorriso, eri la mia risata. Anche se forse non mi seppellirai, so che mi terrai compagnia per tutta la vita. Che io sia su Marte o meno. Non importa. Per te non scomparirò all'alba. Voglio solo stringerti ancora a me. Non scomparire mai.

Rido.

[Liberamente ispirato da "might as well be on mars" di Alice Cooper, "i fade away" dei Cryhavoc, "starlight" dei Muse, e "coda di lupo" di Fabrizio De Andrè]

[Commento lasciato da Chiara Daino il 20 Giugno 2008, 10.38]
Il cutter incide [cut-up di suoni e mix-up di lingue] - il magma rosso: sul tavolo di marmo - sono gli spazi bianchi. Chi mette a fuoco: AMORE. FANCULO. NO. RICORDO. RIDO.

E non spegnere il sorriso. In punta di labbra... si scivola.

Via. E si riparte.


[Commento lasciato da Pazuzu il 20 Giugno 2008, 12.13]
Cutter inside.
Si taglia, si toglie, si cuce, si tace. Si orla, si urla.
E si riparte. Sempre.

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