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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
14 Settembre 2010
NOTTE BIANCA

A cosa serve il giorno di San Valentino?
Gli innamorati si scambiano regali, promesse, baci. Nell'intimità di una camera buia, o in pubblico sotto il gazebo di un bar affollatissimo: ma gli innamorati riescono a scambiarsi quegli stessi regali, quelle medesime promesse, e anche più baci, in tutto il corso dell'anno. Il giorno di San Valentino serve a ricordare l'impegno di qualcosa in cui si crede, e può essere una scintilla nella speranza di riaccendere un fuoco oramai spento. Oppure, ben più prosaicamente, è un giorno in cui il consumismo dell'Amore si accende e il mero interesse commerciale prende il sopravvento per raggiungere un target di pubblico a cui normalmente non arriva.

La Notte Bianca è un po' come San Valentino, o la Festa della Mamma, o il Giorno dei Morti: la città intera si attrezza per ospitare qualche grande nome di richiamo della musica italiana e straniera, e tutte le piazze e le vie principali si coprono con un manto di iniziative minori, sempre a carattere musicale, per l'intrattenimento di grandi e piccini. E' così che sbocciano jam session in Piazza Piccapietra, o concerti rock e metal dalla Commenda di Prè. E' così che i Giardini Luzzati si ricoprono di musica e via Venti Settembre diventa un'unica zona pedonale colma di banchetti e bancarelle che offrono cibo e bevande, ninnoli e giocolieri, luci e assicurazioni di divertimenti assortiti. Ma come in tutte le più belle favole, c'è e ci sarà sempre un prezzo da pagare. Ed è un prezzo assai caro.

Ho visto bottiglie di vetro frantumarsi per terra, e altre essere usate come armi per lasciare segni indelebili sul volto di persone vicine, tra chiazze color rosso fuoco. Maschere di vetro e sangue, maschere di tragedia indossate in una sera di festa, una sera come tante altre. Ho visto sedie venir lanciate in aria a più di dieci metri di distanza, e atterrare in una nuvola di schegge di legno a pochi centimetri da persone accasciate al suolo, oramai incapaci di intendere e di volere. Aculei di legno innocenti, aculei che nella breve parabola descritta dal volo potevano diventare letali quanto una bottiglia di birra spaccata e brandita con odio.
Il tutto, solo poche ore dopo la dichiarazione in televisione di una nota figura politica genovese, vestita di verde come un elfo silvano, che assicurava quanto le vie di Genova siano sicure e perfettamente vivibili, sicure ad ogni ora del giorno e della notte ad un qualsiasi visitatore, sicure e protette. Certo. Quella stessa figura non ha potuto non ricordare come la Notte Bianca quest'anno cadesse l'11 settembre, e non ha dimenticato di rendere omaggio [parole testuali, ripetute e scandite più e più volte: omaggio? da quando si rende onore e lode ad una tragedia?] all'attentato terroristico delle torri gemelle, nove anni fa. Comunque.
Come si possono prendere per buone queste parole quando ogni dieci metri, da Corso Italia fino in via Gramsci, erano presenti dei banchetti attrezzati per la vendita di birra, e gli stessi servizi di ristorazione [non tutti, almeno] non versavano le consumazioni in bicchieri di plastica per evitare "problemi", ma consegnavano direttamente al consumatore le bottiglie in vetro? Come si può arrivare a considerare vivibile una città soltanto per i presunti meriti di una sera, quando durante l'intero anno i locali continuano a chiudere in seguito a leggi e repressioni sempre più imponenti, lasciando quindi il dominio delle vie del centro storico all'oscurità, al silenzio, e ai suoi tetri abitanti che non aspettavano altro che di riprenderne possesso? E' questa la sensazione di sicurezza che si vuole trasmettere alla cittadinanza, e ai giovani? Cosa ricorderà un giovane di una sera in cui è consentito e praticamente autorizzato ubriacarsi fino a stendersi per terra dimenticandosi perfino dove si trova? Qual è il messaggio che si sta cercando di trasmettere, con un'organizzazione ed una serata del genere? Per una sera tutto è lecito, lo sballo è consentito. Ma poi? Cosa resta nei restanti 364 giorni dell'anno? Cosa può mai succedere ad una persona che osi incamminarsi da sola per quelle vie scarsamente illuminate, con angoli nascosti ogni dieci metri, e topi che silenziosi osservano e ricordano tutto, sotto le insegne oramai spente di quei locali chiusi che aumentano ad ogni stagione?

La Notte Bianca non è altro che un modo per pulirsi la coscienza, per poter fare dichiarazioni altisonanti, per rabbonire le masse grazie ad una serata di sfrenata allegria, una serata che niente lascia alla vita del giorno dopo, se non il suono martellante di musica house protratta fino alle sei del mattino. Apprezzabili a questo punto un folto gruppo di senegalesi che si sono ritrovati in piazza, alle tre di notte, a suonare la loro musica ritmica e ballare in circolo. Apprezzabili i grandi concerti nelle grandi piazze, con nomi di artisti che richiamano comunque all'uscita anche famiglie che normalmente preferirebbero trascorrere una serata nei comfort della propria abitazione. Apprezzabili le associazioni che sputano sangue durante tutto l'anno per continuare a portare avanti la musica come alternativa allo sbando generale, e che per una sera possono provare ad unire le proprie forze nella speranza di poter creare qualcosa di collettivo. Ma le sere a venire, che cosa assicureranno ai genovesi? Lasciamo da parte la musica per un istante: lascereste andare da sola vostra madre, vostra moglie, vostra figlia anche solo in Via del Campo, in una sera qualunque della settimana? Rispondete sinceramente.
E ricordatevi quella risposta, quando accenderete la televisione e un elfo silvano vi assicurerà che Genova è una città sicura e protetta ogni giorno dell'anno.

A cosa serve, a Genova, una Notte Bianca come quella appena trascorsa?

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