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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Novembre 2011

30 novembre 2011
LO SQUALO

1820

On air: Metallica, the struggle within.

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27 novembre 2011
PENDULUM

CAPITOLO IX
Uno sparò risuonò nel silenzio oppressivo e vellutato della stanza. Inorridito, Jack guardò con lucido orrore il corpo che giaceva ai suoi piedi. Inerme. Privo di vita.

CAPITOLO VIII
Jack prese la pistola dal comodino, e uscì in fretta. Il vento in strada gli spettinò i capelli sudati, mentre lui si stringeva nel caldo mantello scuro. Attraversò in fretta il quartiere ed entrò in un bar sconosciuto: ordinò una birra chiara, mentre i suoi pensieri continuavano a rincorrere la certezza di quello che doveva fare. Non poteva più rifiutarsi, la sua coscienza glielo avrebbe negato. Il suo onore non poteva essere messo al silenzio: non questa volta. Jack pagò in fretta il conto, e si gettò nuovamente nel freddo invernale, mentre i suoi passi lo conducevano sicuri verso la sua destinazione.

CAPITOLO VII
La stazione di polizia giaceva nel silenzio più totale. A quell’ora, normalmente l’edificio era un vero e proprio andare e venire di prostitute e spacciatori, ma quel giorno sembrava che l’intera area fosse stata avvolta in un manto di candida ovatta. Sulla parete, un pendolo continuava senza sosta la sua oscillazione perenne, avanti ed indietro, senza fine. Tic tac tic tac. Jack si trovò quasi ipnotizzato di fronte a quel prodigio della fisica, quasi significasse che tutto può tornare indietro. Tic tac. Quasi fosse un simbolo di redenzione, una redenzione eterna. Non per lui: non dopo quello che aveva visto. Tic tac. Il pendolo lo fissava dalla parete, glaciale e con il suo occhio rotondo. Tic tac. Il pendolo iniziò a parlargli. Jack si alzò di scatto e corse a casa. Là, finalmente, avrebbe trovato la risposta che cercava.

CAPITOLO VI
Le sue dita accarezzarono ancora e ancora quel volto incorniciato. Quanto l’aveva amata! Quanto l’aveva desiderata! Quanto…! Era stato testimone del suo omicidio, e non era riuscito a fare niente. Niente. Un lento conato di disprezzo per se stesso trovò la strada attraverso l’intestino di Jack, e tutto l’odio che provava per se stesso si diresse verso quel suo amico, quel suo caro amico, quell’amico che aveva tradito la sua fiducia. Come aveva potuto? Come aveva potuto portargliela via? Come aveva potuto, Jack, non accorgersi del suo tradimento? Si infilò la foto nella tasca interna della giacca, e uscì tremando sotto la volta delle stelle.

CAPITOLO V
Jack salì in macchina, e il vecchio motore si risvegliò tossendo. I cartelli stradali cominciarono a sfrecciargli attorno silenziosi, beffardi, bisbigliando alla sua mente parole vuote e sature di paranoia. Parole ignote e prive di gioia. Parole mute e colme di… Jack si destò dal torpore in cui si stava crogiolando. Tic tac tic tac. Jack ripensò al pendolo. Tic tac. Ripensò a come quella strada sembrava lo stesse cullando verso una destinazione ignota. In realtà, Jack sapeva perfettamente dove voleva andare: ma allo stesso tempo, sapeva che gli avrebbe fatto male, molto male, rivederla un’ultima volta.

CAPITOLO IV
Una lapide di pietra, ecco tutto quello che restava di lei. Una lapide di pietra, eretta sul culmine di quella collina spoglia e priva di vita. Una lapide di pietra, e attorno nient’altro che i ricordi di un’intera vita, divenuti fiori in un freddo vaso di vetro. Fiori deposti da chissà quali mani, alla memoria di chissà cosa. Fiori deposti magari anche da quell’amico che gliel’aveva portata via. Quell’amico che non era riuscito a fermare, e a denunciare. Quell’amico maledetto, dal sorriso beffardo. Quell’amico che gli aveva portato via tutto. Quel suo unico, vero amico. Jack urlò al cielo, con tutto il fiato che i suoi polmoni potessero contenere, la sua promessa di giustizia. Jack urlò, e il cielo rimase in silenzio.

CAPITOLO III
Jack colse un fiore, e tornò alla macchina. Uno sbuffo di fumo, l’ennesimo, andò a mescolarsi con la nebbia di dicembre. La strada di campagna era brulla e, qua e là, apparivano pioppi e betulle il cui contorno si confondeva con i ricordi della sua infanzia. Erano stati giorni in cui ogni minuto regalava promesse di scoperte e rivelazioni nuove, di esperienze e magici incontri. Erano stati giorni di pace. Giorni di festa. Giorni in cui aveva conosciuto lei, erano stati giorni in cui erano diventati amici, amanti, amati. Erano stati giorni destinati a finire, come la sua strada. Jack spense il motore, chiuse la portiera silenziosamente, e si incamminò sicuro.

CAPITOLO II
Jack guardò ancora una volta la sua casa d’infanzia: i mobili erano esattamente quelli che aveva imparato a conoscere negli anni, ed erano nella medesima posizione. Il divano, la credenza, il letto, il tavolo. Il letto. Quel letto dove aveva trascorso ore interminabili con lei, quel letto dove si erano confessati i desideri più segreti e dove le loro anime si erano unite in un bagno di gocce di estatico piacere. Quel letto che avevano abbandonato per andare a vivere insieme, quel letto divenuto troppo piccolo per loro. Quel letto oramai freddo, come il suo cuore.

CAPITOLO I
Jack alzò lo sguardo verso la parete: immerso nel silenzio, c’era solo quel pendolo a tenergli compagnia. Un pendolo che aveva scandito il tempo fin da quando era bambino, fin da quando aveva iniziato a correre incontro alla vita, fin da quando aveva creduto nell’amicizia. Jack scoppiò a piangere, chiedendosi se mai la sua storia potesse essere riavvolta per essere vissuta al contrario. Come il braccio di quel pendolo. Tic tac. Come un vecchio nastro che possa essere riavvolto. Tic tac. Come i capitoli di un racconto scritto al contrario. Tic tac. Tic. Tac tic.

1819

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24 novembre 2011
PROFESSIONI

Sono un Informatico. Sono un Informatico che ha seguito un corso di studi con orientamento di grafica.
Prima precisazione: per lavoro non uso Photoshop, ma al massimo ho le competenze per capire gli algoritmi che vi stiano dietro. Semplificando ulteriormente: non uso Photoshop, ma al massimo lo saprei programmare. Che poi io sappia anche usare Photoshop o tracciare due disegni a mano, è tutto un altro discorso.
Detto questo, mi hanno sempre infastidito le persone che si improvvisano Informatici semplicemente perché sono in grado di realizzare un sito [o peggio: un blog] per lo zio, il cugino, il parente più prossimo. No. Parafrasando Furio Colombo: NO. In un mercato oramai inflazionato in cui i computer sono nelle case di tutti, il mestiere dell'Informatico non è quello di saperti collegare la stampante al computer, aprirti un profilo Facebook o spiegarti come andare avanti nell'ultima avventura grafica della LucasArts [lo so, lo so: ci sono giochi ben più recenti e famosi di cui potrei fare i nomi, ma di nuovo non è questo il punto]. Ed è per questo che mi incazzo: a ciascuno il suo. E che vada riconosciuto, a chi ha studiato, il valore delle proprie conoscenze.
Il discorso si può estendere su più piani: se foste malati e doveste essere operati, andreste a cercare il miglior primario o vi mettereste nelle mani di chi, all'esame di Anatomia Generale, ha "provato l'esame"? O peggio, vi fareste fare anche solo una semplice operazione di appendicite da chi ha comprato la propria laurea? So già le risposte. Siate sinceri. No.
Allo stesso modo, quando entro in una libreria e il mio sguardo inizia a vagare per gli scaffali, mi piace cercare un'opera di un Autore che viva di quello che scrive, altrimenti sarebbe come farsi fare un sito da un cugino lontano o farsi curare da un infermiere improvvisato. Il mercato letterario [come anche quello musicale, per carità] è saturo di opere vergate da Tizio o Caio, dilettanti dell'ultim'ora che di professione fanno altro e che, nel tempo libero, hanno "provato" a scrivere un libro. Voi lo comprereste? Ci sono sì le eccezioni, ma voi vi fareste operare da chi ha "provato" a superare un esame [indipendentemente dagli esiti]? Non voglio mettermi a disquisire se gli editori facciano bene a farsi pagare o se i sedicenti autori debbano pagare per far vedere la luce ai propri scritti, ma dove risiede la professione? Dove risiedono le competenze? Dov'è l'onestà intellettuale?
Non credo che regga la scusa del tipo: se sei un Autore scadente, il mercato ti uccide. Non regge se l'Autore scadente non è un Autore di professione, così come non regge che il nipote della sorella di mio zio non possa essere assunto come Informatico solo perché sa fare un blog, perché: non è un Informatico. Allo stesso modo, l'Autore che non vive della propria professione non è un Autore, e un medico prima di potermi curare e mettermi sotto anestesia, PRETENDO abbia le dovute conoscenze tecniche e, se possibile, anche qualcosa in più.
Detto questo: smetto di scrivere e torno al mio C# [i Musicisti non si preoccupino: non è un accordo in do diesis].

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