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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
9 Dicembre 2004
PAGINE VUOTE - LOCALE

Fino a sei mesi fa ero un semplice magazzino, relegato nel centro storico di Genova. Ho visto di tutto, passare sui miei pavimenti. Partite di pesce andato a male, scatoloni di vestiario contraffatto, ignoti imballaggi di elettronica e giornali destinati al macero. La mia vita sembrava destinata a susseguirsi, giorno dopo giorno, sempre allo stesso modo, senza una speranza per il futuro imminente. Poi, inaspettatamente, grazie agli incentivi regionali destinati all’imprenditoria giovanile, sono stato rilevato da un gruppo di ragazzi e sono diventato un Locale.
Mi hanno dato un nome, mi hanno ridipinto tutto, e messo a nuovo come se fossi un vestito logoro a cui si rifanno gli orli. Ora ho un bancone all’ultimo grido di cui vado decisamente fiero, e un arredamento tutto mio.
Certo, i primi tempi sono stati duri. Ero abituato a scrutare volti di persone segnate dalla vita e senza più alcuna gioia di vivere, e tutto d’un tratto mi sono trovato circondato e calpestato da una nuova linfa vitale, dalle speranze per il futuro. I giovani. Era incredibile vedere quanti giovani circolassero il venerdì sera per quei vicoli che avevo imparato a temere. Si era aperta ai miei occhi una prospettiva del tutto nuova di quella stessa città in cui ero stato costruito tanto tempo prima, ma che non avevo mai assaporato fino in fondo. È stato allora che ho capito quale fortuna mi fosse capitata.
La vita di un locale, in fondo, non è così difficile. Ho delle stanze con tavoli semplici in cui si può passare una serata in allegra compagnia, o volendo anche in intimità. Ho una sala in cui ci si può fermare a fare due parole con il barman che lavora dietro il bancone. Il mio bancone. Ho anche un piccolo palco sul quale possono salire giovani musicanti e proporre al pubblico le loro composizioni, o anche quelle di altri. Che altro si potrebbe chiedere di più?
La concorrenza non è affatto semplice, soprattutto nei fine settimana, ma in questo giro non è mai semplice. Esistono realtà come il Fitzcarraldo o il Bulldog che, solo perchè sono in vita da più tempo, attireranno sempre una loro clientela, ma io non mi dispero. È sulla qualità e sulle nuove proposte, comunque, che si deve puntare. Genova non sarà mai Milano, magari, e forse il concetto di "aperitivo" prima di cena non prenderà troppo piede, ma ha un suo movimento sotterraneo che può vantare e di cui deve andare fiera.
È un piacere portare gioia nella vita di tante persone, di tanti giovani, e alla fine poco importa se ogni tanto dopo un bicchiere di troppo qualcuno si possa sentire male e mi sporchi i pavimenti nuovi. Anche questo, fa parte della crescita del carattere di una persona. La musica che viene suonata tra le mie vecchie mura, poi, è un vero e proprio inno alla vita che potrebbe essere stata vergata da un Giuseppe Verdi qualunque sulle pagine vuote del tempo, e donata ai posteri come riconoscimento per il solo piacere di essere ascoltata.
Birre scure e martini con olive, free jazz e hard rock, quadri alle pareti e panche di legno, sorrisi e lacrime. Tutto questo potrete trovare, se verrete a cercarmi. Vi accoglierò volentieri, e col sorriso sull’uscio. Potrete anche sporcare un poco, se lo farete con il cuore puro. Magari, e in questo riconosco la mia orgogliosa anima di genovese, vi chiederò un solo favore quale piccola cortesia: quando entrate, guardate con ammirazione il bancone. È il mio bancone.

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