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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
14 Giugno 2010
TEMPLE OF DEIMOS

E' sabato pomeriggio, e i Temple of Deimos hanno da poco finito di presentare alcuni brani in acustico in Piazza Piccapietra a Genova davanti al Taxi Driver Store, come gustosa anteprima per il Festival delle Periferie che si terrà a Villa Bombrini il prossimo weekend. Approfitto di un momento di pausa per scambiare qualche parola con Fabio Speranza, voce e chitarra della band, e con Matteo Pinna, batterista da poco arruolato nel gruppo.

Ok, cominciamo con il vostro disco che è uscito da poco. Cosa mi raccontate, com'è nato, quanto tempo ci avete messo per farlo, che cosa contiene?

[Fabio] Il disco è stato registrato in Red House Recording Studio di Senigallia tra settembre 2009 e dicembre 2009, prodotto da David Lenci in regia, è stato registrato con la supervisione di Antonio Piazza che è il nostro label manager dell'etichetta e ha seguito le registrazioni e ha curato il mastering; la nascita dell'album è arrivata proprio perchè quando hai del materiale registrato dopo il nostro vecchio demo [che era Damage e che avevamo registrato nel 2007 alla GreenFog] si cerca sempre di mandare il materiale in giro e vedere se arrivano delle buone risposte, e in questo caso la risposta buona è arrivata dalla LoadUp Communication. Il disco è il frutto di tre... no, due anni [tre sono troppi] di composizione in cui c'era la vecchia formazione, tra cui Marco Chiesa che ha mollato prima delle registrazioni ed è l'attuale batterista dei The Big White Rabbit, e Federico Olia poco dopo le sessioni, in quanto c'era la necessità di andare a promuovere in tour: gli impegni che loro avevamo non gli permettevano di affrontarlo. Il disco è uscito il 27 marzo sotto la Elevator Records, e come avevo detto prima è stato il frutto di due anni di composizione dopo Damage.

Le composizioni sono tue, o sono del gruppo? Come nasce una vostra canzone?

[Fabio] Su Temple of Deimos le composizioni [non vorrei fare la primadonna, ci mancherebbe] partivano da me in camera mia con la chitarra acustica, trovavo dei riff, riff che potevano comunque conciliare; arrivavo quindi in saletta, proponevo il pezzo alla band, c'era l'idea di uno, l'idea dell'altro, il disappunto di uno, anche il disappunto dell'altro che comunque ci vuole quando proponi le canzoni, e poi pian piano hanno preso forma. Poi devo dire una cosa: sicuramente per come è stato registrato, le parti di batteria per metà le ho registrate io e metà le ha fatte Andrea Parigi che era un batterista preso in prestito per lo studio, e giustappunto prima di entrare in studio un sacco di arrangiamenti vecchi che i vecchi Temple of Deimos facevano, in un secondo tempo periodo pre-studio ho invertito e cambiato un po' di cose secondo quello che al mio orecchio sembrava meglio.

A livello di composizioni, ti ispiri a qualche musicista o comunque a qualche gruppo particolare, hai qualche punto di riferimento? Immagino la risposta sia sì...

[Fabio] Si certo, credo che niente nasca dal nulla. Anni e anni di grunge e di Nirvana, Alice In Chains, Soundgarden, Mudhoney, Melvins, Mark Lanegan che mi intrippa tantissimo, gli Screaming Trees come band, più tanto ascolto stoner come Kyuss, Fu Manchu, se non la parte più doom come Electric Wizard, Cathedral, e poi chiaramente i miei più grossi amori che mi accompagnano da quando uscì Rated R, i Queens of the Stone Age.

Hai citato tutti gruppi praticamente americani. Questo ha influenzato la tua scelta di cantare in inglese, oppure non ci hai neanche pensato ed è venuto così?

[Fabio] Io credo che per cantare in italiano e mettere una lirica in italiano in un genere come questo sia necessario saper scrivere testi in italiano. Un esempio di una band qui a Genova che sappia scrivere i pezzi in italiano in un genere come questo sono i 2Novembre, ma bisogna essere capaci di farlo. Diciamo che è stato un riconoscere i miei limiti e pensare che sicuramente anche se non mi capiscono nel mio stato, in inglese un concetto che in italiano lo espandi e lo porti avanti, in inglese lo riduci e lo rendi più tranquillo, lo riesci più a fare "testo" e a renderlo musicale. E' molto difficile fare testi in italiano, sembra scontato perchè è la nostra lingua ma è molto complicato, il rischio di cadere nella banalità è veramente forte.

A livello di testi, il cd ha una tematica sua ricorrente oppure sono vari spaccati?

[Fabio] Sono vari spaccati, in quanto non è un concept album, quindi non segue un concetto da capo a coda, ma più semplicemente ogni testo raffigura un paesaggio, una situazione, una circostanza diversa: qualcuna è autobiografica, qualcuna autoironica, qualcuna molto visionaria.

Anche perchè mi hai detto che è un disco che ha una gestazione di quasi un paio di anni, come composizione, quindi...

[Fabio] Sì, finito Damage avevo già lavorato per cercare di mettermi nell'ottica di far uscire un album, quindi con pezzi nuovi, poi in tour...
[Matteo] E c'è anche più tempo per dire le cose, per seguire la linea di un disco in due anni hai tanto tempo, prendi tante cose da mettere in una registrazione.

E hai anche scelto quali canzoni mettere e quali non mettere, perchè in due anni comunque hai continuato a fare concerti, e pezzi ne avrai suonati anche qualcuno che non è finito su cd...

[Fabio] Sì, sono rimasti un sacco di pezzi fuori, qualcosina anche per scelta mia e di Matteo, poi vedremo di magari prenderle nuovamente, in un prossimo lavoro.
[Matteo] Sono pezzi messi un attimo da parte, anche perchè sono pezzi che dal vivo comunque suoniamo, non li abbiamo messi su cd, ma...

I pezzi che ho sentito su disco comunque sono mediamente non dico brevi, ma di durata ridotta... a parte uno, che aveva degli spunti quasi psichedelici dentro.

[Fabio] Diciamo che mi ha sempre affascinato la psichedelia, e il genere rock psichedelico che conta la parte anglosassone ad esempio del primo periodo dei Pink Floyd: io ho sempre molto amato i Pink Floyd del primo periodo, quello con Syd Barret, il come operava la sua mano, che era creatore, mente, fondatore di tutto ciò che c'è nel discorso Pink Floyd, fosse anche solo il fatto che Syd Barret avesse creato l'idea di esporre delle immagini dietro alla musica, è stato lui la mente, di tutto il concetto. La roba che i Pink Floyd hanno fatto dopo m'è piaciuta ugualmente, ma molto meno, quella in cui c'era dietro Syd Barrett aveva un carattere sicuramente molto più personale, poi vabbè dei Pink Floyd non puoi dire che non fossero originali perchè in quel periodo c'erano solo loro con quel determinato tipo di suono, però la roba di Syd Barrett, per quanto più scarna, per quanto più grezza, a mio parere...
[Matteo] ...rendeva di più.
[Fabio] E poi sicuramente Doors, tanti Blue Cheer, Cream, Credence, Grateful Dead, anche Klaus Schulze che è di una scena diversa, tedesco, l'ho sempre molto apprezzato. Quindi comunque l'idea di un suono molto [possiamo dire] "viaggione" deriva tanto anche da quegli ascolti lì e non solo dalla scena grunge e dalla scena vera indie che c'era a San Francisco, e i Jesus Lizard, ma anche la scena più "trascendentale" come quella che è stata dei Pink Floyd del primo periodo...
[Matteo] Una scena molto più indietro con gli anni fa tanto.
[Fabio] La scena indie dei Jesus Lizard di fine '80 e inizio '90, insomma. E poi la scena dei seventies. Prendi ad esempio i Blue Cheer, che sento ancora adesso quando ho ascolto i loro dischi, cavolo erano una "legna" quel gruppo lì nel '68: distorsioni che farebbero gola ad una band stoner attuale, una cattiveria tale!
[Matteo] Sarà che uscivano di più rispetto agli altri...
[Fabio] E purtroppo però erano all'antitesi del movimento hippie.

Si, anche come immaginario visivo, quando vedi le copertine dei loro dischi...

[Fabio] Erano molto odiati dalla comunità hippie, scansati sempre da Woodstock perchè [hehe] se la comunità hippie pensava di chiudere i bambini, loro i bambini se li mangiavano... però si, quando ascolti quei primi geni, sai che ascolti coloro che hanno dato il via al suono che comunque suoniamo noi adesso.

Ci sono dei gruppi più recenti che si possa dire vi possano ispirare?

[Matteo] Diciamo che più che altro quando prendi spunti da qualche gruppo, bene o male sono sempre gruppi del passato, o comunque del passato anche vicino.
[Fabio] O gruppi del presente che fanno bene una cosa del passato come ad esempio i Queens of the Stone Age. Non nascondo che nel disco ci siano tantissimi riferimenti a loro, è proprio un amore viscerale, li ho visti almeno cinque volte. Ci sono tanti artisti che quando gli fanno la domanda nelle interviste "ma voi avete preso da questo gruppo?", ed è palese che l'abbiano fatto, magari rispondono "ma no, non l'abbiamo mai ascoltato", nel nostro caso non è vero. Non è vero. Io e Matteo invece ci siamo incontrati ad inizio autunno...
[Matteo] Sono entrato a fine lavori, alla fine delle registrazioni.

Come ti sei trovato?

[Matteo] Ti dico: anzitutto bene, per carità. Non avendo mai suonato questo genere, ero un po' titubante, non ero sicuro che potessi uscire bene. Poi Fabio mi ha detto "guarda, mi serve un suono alla Dave Grohl" che è uno dei miei punti di riferimento come batterista e mi sono detto "va bene allora, ci provo, ci proviamo, andiamo, picchiamo forte e va bene così". Tutto sommato ci conosciamo già da un sacco di tempo, prima di entrare ho cominciato a sentire i Temple, ancor prima i vecchi White Ash, e devo dire che è andata bene: un "mondo" nuovo, visto che vengo dal metal, ma ho cominciato comunque poi dopo ad ascoltare molte altre cose, quindi mi sono trovato a suonare questo genere e devo dire che finora... andiamo. Noi andiamo, ci sono tante date da fare, c'è la volontà.

Tra i concerti avete quella della prossima settimana al Festival delle Periferie organizzato da Metrodora, e avete fatto adesso questo set acustico stranissimo.

[Matteo] Una data acustica poco acustica, era un finto unplugged, voce chitarra e basso.
[Fabio] Chitarra suonata come se fosse elettrica.
[Matteo] La mia povera chitarra, tra l'altro...
[Fabio] Diciamo che un concerto acustico è un po' un mettersi in gioco, non hai una batteria che ti dà un indirizzo, sei più nudo, gli errori si sentono, da seduto soprattutto il diaframma non ti fa lavorare come dovresti lavorare... però è divertente.

Tour? Concerti in giro?

[Fabio] Quest'estate, a meno che non capiti qualcosa all'ultimo momento, siamo fermi. Parte il tour l'autunno prossimo curato da Officina Concerti, che è l'ex PigSkin Booking consorziata con Sonica Agency: hanno un buon roster di band diverse tra loro tra cui i 2Novembre e i Passover tra i gruppi più vicini, però anche band di Roma, più filo-punk se non pop-rock.

E saranno concerti non solo in Liguria, immagino...

[Matteo] No, gireremo penso tutta Italia, spesso quasi ogni fine settimana potremmo essere da qualche parte.
[Fabio] C'è ancora da fissare bene il calendario.

E questo per la promozione del disco.

[Fabio] Sì, lo promuoveremo per l'Italia in queste date, ne abbiamo bisogno perchè siamo usciti in un mese piuttosto bastardo per le uscite, il 27 marzo che è poco prima dell'estate, un ufficio stampa fa fatica ad organizzare, ed il booking di conseguenza. Ci sono anche casi in cui l'ufficio stampa e il booking lavorano diversamente, in modi non paralleli, però deve esserci una sinergia tra le due cose, non so come dirti.
[Matteo] Deve essere un qualcosa di speculare...

Come integrate il girare per tutta Italia nella vostra vita? Pensate questa domanda come se fosse mirata a vedere quale sia l'importanza che un musicista dà alla propria arte nel senso di quello che vuole fare del proprio futuro artistico.

[Fabio] A piccoli passi, si cerca di godere dei momenti che si hanno. Se si avranno 60 date, quest'autunno, fino all'estate prossima, godremo del fatto che abbiamo 60 concerti, e faremo tutto il possibile per farli tutti, e i sacrifici che servono per farli. Come t'ho detto, si mastica piano, tutto molto a piccoli passi, come ad esempio masticare pian piano a piccoli passi la realizzazione di un secondo lavoro.

Che hai/avete già in programma?

[Matteo] Abbiamo già iniziato a tirar giù qualche pezzo, due sono già in scaletta nei concerti che facciamo.
[Fabio] Non più di due sennò sveliamo troppo, e non vale.
[Matteo] Per quanto mi riguarda il discorso date, invece, io comunque lavoro, poi dopo il lavoro suono, ma il lavoro porta via un sacco di tempo, energie; però c'è la passione, suoniamo, e quindi andiamo ovunque dove ci mandino, poi ovviamente è tutto nei limiti del possibile, qualche data infrasettimanale la faremo, non saranno solo nel fine settimana, e anche se non saranno date vicine, in Liguria e non solo a due ore di macchina.
[Fabio] Faremo il possibile per fare un tour.

Hai detto 60 date... 60 concerti sono tanti!

[Fabio] Le ho sparate! Era un esempio: se ne dovremo fare 60 godremo delle 60, se ne dovremo fare 40 godremo delle 40. Se ne dovremo fare 30... vabbè, io spero di farne un po' più di 30. Il palco forma, e non è per un discorso egocentrico, il palco è una cosa diversa dalla saletta, quindi... bisogna suonar tanto. Anche il set acustico di oggi, mi sono sentito un bambino, ma è stata comunque una bella esperienza.

Contate di riprovarci?

[Fabio] Se ci sarà l'occasione, sì.
[Matteo] Magari con un tocco un po' più delicato [hehe]... no, scherzo.
[Fabio] E' colpa di Nick Oliveri, quando l'ho visto a Genova, con la chitarra acustica, zan zan zan, nel negozio Taxi Driver è stato il massimo. Si è messo di sua spontanea volontà, ha fatto cinque pezzi con la chitarra acustica, "sbragiava" senza microfono, proprio tranquillo: di sua iniziativa è arrivato, s'è bevuto una birra, umilissimo, tutti ci siamo guardati e ci siamo girati "ma è Nick Oliveri?"; ha preso la chitarra, di sua spontanea volontà, è un grande, perchè comunque di cose ne ha viste [tour coi Kyuss, dopo i Queens nel momento d'oro], e diciamo che di sua iniziativa prendere ed entrare in un negozio di dischi con la chitarra e farsi un giro come una persona normale [perchè è una persona normale], guardare e comprarsi un paio di vinili come un essere vivente comune, poi prendere la chitarra e si vedeva che anche lui era imbarazzato perchè non sapeva cosa fare, è stato unico: ha preso, ha suonato, s'è fatto quattro pezzi in negozio, e credo che il più delle volte abbia suonato non davanti a 20 persone, ma a 20 con due zeri dopo. Tutto questo sta all'umiltà di una persona.

Una curiosità, adesso: che differenza c'è tra i White Ash e i Temple of Deimos?

[Matteo] Ecco una domanda che mancava...
[Fabio] Beh, i White Ash erano i White Ash, i Temple of Deimos sono i Temple of Deimos.
[Matteo] E qua ci mettiamo un grosso "grazie al cazzo" [ahahah]!
[Fabio] Okay, dunque, ci sono un po' di cose diverse. I White Ash erano decisamente più sabbathiani, i Temple of Deimos hanno preso più dalla scena di Palm Desert, appunto dei Queens of the Stone Age, Master of Reality, tutta quella scena, Orchestra del Desierto, Kyuss... I White Ash erano molto più dilatati come musica e tutto, una band che ricordo comunque con tanto piacere. Differenze... a volte mi metto ad ascoltare i suoni di questo album che sono stati studiati in modo tale che suonassero proprio come un disco rock, e sentendoli, anche nella gestazione mi sono tornati un po' in mente i vecchi White Ash, più che altro per il suono chiuso, scuro... c'è da dire che la differenza che trovo sostanziale è il tempo che è passato, pochissimo tra i due progetti perchè i White Ash sono morti a fine luglio del 2006 e i Temple of Deimos sono nati a settembre 2006. C'era già comunque nell'ultimo periodo con i White Ash il desiderio di cambiare modo di cantare, di evolversi, di cambiare un po' di cose, di rendere la musica più nervosa. Ascoltavo tanto in quel periodo anche i King Crimson, mi piaceva molto la chitarra di Robert Fripp, e mi continua a piacere ancora adesso. Quindi volevo anche io queste chitarre più nervose, poi c'era l'amore per i Queens che continuavano ad uscire con i loro dischi e me li ascoltavo. Attualmente mi piacciono molto i Them Crooked Vultures, nuovo superprogetto di Josh Homme, Dave Grohl e John Paul Jones. Diciamo che la differenza sostanziale tra i White Ash e i Temple of Deimos è che è passato del tempo, e nell'ultimo periodo con i White Ash non avevo più voglia di urlare, e se volevo fare una canzone d'amore per una tipa che amo non trovavo questo bisogno di farlo urlando. Anche la voce è cambiata: già nelle recensioni che sono uscite sono in tanti ad aver notato la differenza.

Ricordo che la prima volta che ho sentito il disco, in anteprima al Checkmate Rock Club, mi era quasi sembrato che alla voce ci fosse una donna, per l'uso della timbrica... cioè, in certe canzoni è proprio pulita. Non sto dicendo che hai una voce da donna, eh!

[Fabio] Devo dire la verità, mi piace tanto il cantante dei Cream, e di conseguenza Josh Homme che ne ha preso. Mi piace tanto l'idea del connubio tra chitarroni non metal, chitarre ovattate, batteria pestata e una voce cristallina, e l'identità che ho voluto dare ai Temple of Deimos è soprattutto stata questa. Poi, i passi che sono stati fatti a livello strutturale di musica sono stati dovuti al tempo che è trascorso, e alla maturità. Magari non è detto che io abbia fatto meglio adesso, o peggio prima, solamente sono passati degli anni, ho vissuto del tempo, e anche le idee si sono un pochino evolute. Evolute o tornate indietro, non so: questo lo lascio a chi ascolta l'album.

E il nome Temple of Deimos?

[Fabio] Il nome deriva tanto dal piacere che provo a pensare all'immagine dei templi greci, proprio la struttura dei templi greci; Deimos, che per la cultura greca dei mostri phobos erano i consiglieri di Apollo, è anche uno dei satelliti di Marte, che insieme a Phobos ruota intorno al pianeta. Mi piaceva quest'idea di erigere un tempio a Deimos... ce l'aveva Ares, ce l'aveva Zeus, perchè non Deimos, voglio dire! Si sbatteva, faceva il consigliere... E' stato più un piacere visivo, una derivazione visiva, ho sempre amato la mitologia greca.

Poi nella copertina del disco invece hai inserito un richiamo all'astronomia...

[Fabio] L'idea di strutturare un paesaggio cosmico/spaziale era già presente nei precedenti artwork... poi si sono persi.
[Matteo] Si, perchè originariamente doveva essere diversa.
[Fabio] La copertina che ci sarebbe dovuta essere verrà ripresa per il secondo disco. Questo lo posso dire, ma non voglio nominare le dinamiche del perchè sia successo, comunque non è importante.
[Matteo] Sono andate perdute.
[Fabio] Sono andate perdute, ricompariranno. Forse.
[Matteo] Magari, speriamo.

Come vi siete trovati?

[Fabio] Io e Matteo ci siamo ritrovati a suonare insieme ed è stata una sfida perchè lui viene da un genere un po'...
[Matteo] ...metal.

Metal tipo?

[Matteo] Estremo. Sempre sull'estremo. Ma lo sono tutt'ora, ho anche altri miei progetti, i Temple of Deimos non è l'unico gruppo in cui suono, mantengo sempre gli ascolti, il suonare, insomma... la passione.

Che differenza trovi tra il suonare in un gruppo metal e i Temple of Deimos?

[Matteo] Uno che pensa che il metal sia sicuramente più difficile, poi invece è opinabile perchè viene più complicato fare tempi velocissimi piuttosto che parti con degli incastri strani. Io mi sono detto "vabbè, dovrei riuscire a cavarmela ugualmente". Come ho già detto prima, e mi ripeto, non ero sicurissimo del risultato, poi comunque provando ho incontrato delle difficoltà, non è stato semplice passare da un'altra impostazione, suonare eliminando il doppiopedale [e il doppiopedale nel metal è sacro!], poi ho tolto anche un tom, quindi mi dicevo "qua adesso però so fare meno cose" ma suonando i pezzi sono usciti, i tipi di suoni e come dovevano venire ce li ho in testa, so come sono...
[Fabio] E' molto istintivo, s'è trovato subito bene, ma una cosa molto importante è che l'accordo discografico l'abbiamo firmato insieme perchè dopo un mese di lavori, di "sbattone"... cioè, ci siamo chiusi un mese insieme, in saletta.
[Matteo] Si perchè appena entrato nel gruppo era uscita una data da fare esattamente un mese dopo, e quindi ci siamo buttati in saletta quasi tutti i giorni a provare. Anche se poi alla fine è saltata, ci siamo fatti un culo incredibile!
[Fabio] Era per la Notte delle Lunghe Barbe, ma c'è stato un problema di organizzazione...

Era stato un problema del locale, se non ricordo male...

[Matteo] Si proprio del locale, avevamo avuto degli scazzi con le persone del locale...
[Fabio] ...disorganizzazione, era solo questo.
[Matteo] Però ci è servito. Abbiamo suonato comunque tanto, e abbiamo continuato a provare i pezzi anche dopo quella data. Un mese dopo è uscita un'altra data, al Buridda, ed è stata la prima che abbiamo fatto.
[Fabio] E' stato il nostro battesimo musicale.

Vi avevo anche sentiti, in quell'occasione.

[Matteo] Era il 23 gennaio.
[Fabio] E' stata una bellissima data, insieme a noi c'era ancora Federico Olia al basso, e colgo l'occasione per ringraziare Gabriele Carta che, oltre ad essere un amico da lunga conoscenza, cantante e bassista dei PEK, è stato d'aiuto a noi per la prima parte live della promozione, è venuto giù con noi ad Ancona, ha girato con noi il video di lancio [grazie anche ad Andrea Pietrella, il regista], ha fatto queste prime date della promozione, mentre in tour non ci sarà più perchè comunque ha inciso l'album con la sua nuova band, e ha i suoi progetti: è stato comunque proprio un aiuto. Federico Olia, ad esempio, fra un mese si sposa, e si capiscono le priorità di una persona... nel rock la vocazione è qualcosa di sacrale. Io sono voluto andare avanti, non volevo fermarmi lì: idee per andare avanti ce ne sono ancora, quindi... al futuro ci stiamo pensando, però ci mastichiamo con piacere quello che c'è adesso. L'idea sarebbe di fare il tour e contemporaneamente lavorare al secondo disco, lavorandoci un anno, ma ci siamo comunque parlati chiaro: se vediamo che in un anno i pezzi non tornano si aspetta un altro anno, non ci corre dietro nessuno.

L'etichetta è eventualmente interessata alla pubblicazione di un secondo disco, o guarda prima come andrà il primo?

[Fabio] Guarda, i termini contrattuali non li voglio neanche menzionare qua perchè non è il caso. Vedremo, comunque: abbiamo un ottimo rapporto con la nostra casa discografica.
[Matteo] Non abbiamo pressioni, siamo tranquilli.
[Fabio] Siamo indipendenti, non è una major discografica che chiede tutto subito e la promozione va via in quattro e quattr'otto e poi è finito tutto, è un'etichetta indipendente che ha i suoi tempi e quindi noi siamo qui che magari stiamo già pensando al secondo mentre loro ancora promuovono il primo. E questa è una cosa che succede in Italia, si sa. Artisti come Bugo, ad esempio, hanno fatto un album e avevano già pronti altri tre dischi dopo... non che mi piaccia come artista, ma è il primo che mi è venuto in mente, un personaggio che è comunque di rilievo. Le tempistiche comunque sono queste. Il pregio di uscire sotto un'etichetta indipendente è che non subisci le pressioni di una major... e una cosa che comunque mi va di dire è che tutto questo indie-rock ultimamente mi sta abbastanza nauseando perchè si è perso un po' il significato ed è diventato veramente una cosa speculativa e non di etica, mentre l'indie-rock per me era ai tempi quando le etichette indipendenti se ne fregavano se artisti come i Jesus Lizard o altri andavano in televisione, tanto c'era un passaparola tra queste etichette e gli artisti facevano quello che volevano fare con il loro giro, con la loro nicchia, con la loro cerchia. E questo era lo spirito vero dell'indie-rock, non quello che c'è adesso: io dubito fortemente che in una produzione da 700.000 € [o dollari] sugli Strokes o sui Franz Ferdinand non ci siano delle direttive e delle pressioni da parte delle major, quindi c'è poco da dire che loro facciano indie-rock: adesso questo termine è solo usato da molti in modo speculativo.

Forse viene usato più per il genere suonato che non per la filosofia che c'era dietro...

[Fabio] Ti basta pensare alle stesse apparizioni dei Nirvana in tv quando erano ancora sotto la Sub Pop: questa se ne fregava che i Nirvana andassero in tv. Il problema dei Nirvana è che avevano già attirato l'attenzione quando erano sotto la Sub Pop, e quindi il concetto di "indipendente" viene dal fatto che non è importante se vai in una tv del cazzo, se qualcuno ti lecca il culo o ti fa lo show, io suono davanti alla mia cricca di 300 persone e sono contento così. Io intendo questo, come indie-rock: la congrega, la cosa sincera che si crea intorno, non quello che c'è adesso.

Che poi è quello che era venuto a mancare a Kurt Cobain...

[Fabio] Nel momento in cui ha detto basta, esatto. Sono convinto che se fosse ancora vivo avremmo altri capolavori, perchè Cobain aveva la composizione nel sangue. Poi è discutibile, ad alcuni non piacciono i Nirvana, ad altri si, io posso dire che metaforicamente parlando è come se fossero stati loro a mettermi uno strumento in mano.

Okay, con questo momento tristezza dedicato a Cobain, direi che possiamo terminare la chiacchierata.

[Matteo] Proprio in allegria...
[Fabio] Ringrazio te, e ringrazio LiveUs per l'intervista.

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