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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
17 Maggio 2010
MERDA

Tutto quello che puoi fare è mangiare merda.
Solo questo.
Un'ora, ancora, un misero frammento di colore e dolore, un frammento inodore di tutto quello che ti porti addosso, un frammento perduto di un peso tatuato nel profondo di un vetro scheggiato, un frammento silenzioso di una parola che ti trascini dietro negli anni come se fosse una croce cadavere da cui non riesci a sottrarti. Un'ora, ancora, solo una: continui a ripetertelo, senza sosta, privo del minimo indugio, raccolto nel tuo stesso abbraccio che è troppo stretto per avvolgerti completamente, con le braccia che a malapena riescono a sfiorare la tua stessa schiena. Un'ora, ancora, credetemi tutti: non chiedi altro, non implori niente.
Solo questo.
Sono finiti i tempi in cui ti si allungava una mano per tirarti su da quella sabbia in cui eri finito con la faccia, cadendo rovinosamente mentre cercavi di rincorrere quell'elio che speravi ti innalzasse un poco più in alto degli altri, per riuscire a vedere quell'orizzonte che hai sempre immaginato oltre la tua siepe personale. Sono finiti i tempi in cui eri circondato da sorrisi amici a cui sapevi di non poter nascondere niente, e che ti rispondevano ad ogni respiro, ad ogni dubbio, ad ogni cazzo di debolezza. Sono finiti i tempi in cui lo spazio stesso terminava di esistere, perso nel suo divenire color pistacchio mentre si amalgamava alla perfezione con tutto quello che ti respirava attorno. Voci, grida, sussurri, note, parole, accordi, lacrime, sorrisi, bugie. E' finito tutto, non resta altro.
Solo questo.
Puoi togliere ogni strato ti si pari davanti, puoi graffiare ogni patina cerchi di assorbire la tua vita, come un velo di epidermide che brucia sotto i raggi violenti del sole. Puoi strappare ogni pagina da quel diario che continui ostinatamente a macchiare con le tue gocce di noia. Puoi dimenticare il suono che ti invase la testa quella sera in cui ti accorgesti che eri morto. Morto per te, mentre cercavi di percorrere quel piano inclinato che pensavi fosse il tuo destino. Morto per tuo fratello, che non poteva più sorreggerti nelle tue continue e infinite cadute dal cielo. Morto per la morte stessa, che oramai ti aveva voltato le spalle incurante e sicura come soltanto un ricordo può essere. Puoi togliere quel segnalibro perduto dalle pagine del dolore che ti cresce dentro lo stomaco, e che poco per volta si allarga fino ad andare a coprire ogni organo di cui riesci a malapena a ricordare il nome, figuriamoci l'esistenza. Sei morto.
Solo questo.
Alza lo sguardo, dopo aver socchiuso le dita. Alza la voce, dopo aver sollevato il torace. Alza la testa, e continua a camminare. La morte è solamente un biglietto che si lascia sulla credenza di qualcun altro. La morte è solamente un ricordo che non sarai tu a serbare dentro il tuo cuore nei minuti che ancora ti scorreranno davanti. La morte è solamente un fondo di bottiglia destinato a qualcuno che siede a fianco a te, ogni giorno, tutte le notti, sempre. La morte non esiste, finchè esisterai tu. E nonostante tutto quello che i tuoi occhi possano vedere, nonostante tutte le parole che si possano rilassare sulle tue orecchie, nonostante tutti i gesti che ti possano accarezzare nell'infinito e oltre, tu sarai sempre, e ancora, vivo. Per un'ora, ancora, o per un anno. La disperazione è il succo oltre quella buccia inacidita che hai soltanto iniziato a spellare con le unghie, sanguinando ad ogni millimetro conquistato.
Solo questo.
Non ci sono soluzioni facili, o rese possibili. Arrenditi all'evidenza. Sei vivo, e continuerai ad esserlo per chissà quanto ancora. Non lo sai tu, non lo saprà mai nessuno, quindi puoi anche smettere di cercare risposte sul fondo di quella bottiglia che non è nemmeno destinata a te.
Tutto quello che puoi fare, un'ora, ancora, è sempre e solo mangiare merda.

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