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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
30 Marzo 2010
MR QUAGGOTT @ NEW BULLDOG PUB

Pausa.

Tutti hanno bisogno, a volte, di un attimo di riflessione. Può essere un breve istante per prendere fiato dopo una lunga corsa, o un momento per rimettere a fuoco le priorità in una relazione sentimentale. C'è chi ha una paura tremenda delle pause, e chi invece non ne può proprio fare a meno, per indole o per necessità. Una pausa può essere vista come un lasso di tempo positivo, o anche negativo: tutto sta nell'obiettivo che si sta cercando di raggiungere. In musica, una pausa è un momento di silenzio che si contrappone alle note che fuoriescono da uno spartito; o anche lo spazio, durante un concerto live, tra una canzone e l'altra, il tempo necessario ai musicisti per prepararsi alla canzone successiva. I Mr Quaggott hanno un concetto molto personale della parola pausa.

Immaginate un concerto composto da più di 60 canzoni, condensate in meno di 2 ore di musica. Immaginate un gruppo che sale sul palco e, immediatamente, le note della sigla dell'A-Team prendono il posto del brusio che fino a poco prima regnava in sala: un'introduzione che non lascia nemmeno il tempo di prendere fiato che subito si tramuta nella melodia di 90210, e immediatamente dopo in All night long. Non stiamo parlando di un gruppo che propone delle semplici cover, ma di cinque ragazzi che hanno fatto proprio un repertorio sterminato, e affrontano la sfida di eseguire canzoni di Gianni Togni alternate a inni di Ozzy Osbourne, passando per Vasco Rossi, sfiorando Il ballo del mattone di Rita Pavone per poi finire su Mistero di Enrico Ruggeri. Tutte le esecuzioni sono dirette, amalgamate le une sopra le altre e adrenaliniche anche quando Let it be viene eseguita con tipiche sonorità giamaicane. Cinque ragazzi che hanno una palese voglia di divertirsi e che riescono a far ballare l'intero New Bulldog Pub, riunitosi per ascoltare quelle canzoni come mai le aveva sentite prima, legate l'una all'altra senza soluzione di discontinuità.

Una matrice rock alla base di tutto, e poi assoli di chitarra che cedono il posto a ritornelli di tastiera immediatamente riconoscibili nella memoria collettiva, al punto da proporre anche un improbabile ma affascinante cocktail tra Fiky fiky di Gianni Drudi e Jump dei Van Halen, alternando strofa e ritornello, il tutto sempre senza alcun imbarazzo o incertezza. Una matrice rock supportata da un cantante che passa con leggerezza e pieno possesso del palco dai Queen a Ligabue, dai Police a Battiato, una matrice rock abbracciata da musicisti che riescono nell'impresa di rendere tutti i passaggi tra una canzone e l'altra completamente indolori, quasi come se non fossero nati per fare altro. Potrei stare ancora qui a elencare altri brani della scaletta che i Mr Quaggott hanno proposto in quel caldo venerdì di primavera, ma penso non avrebbe senso: mi basta ricordare ancora l'intermezzo di Para no verte mas in cui anche una tromba si è unita agli strumenti, e pensare un'ultima volta al bis richiesto a gran voce ed eseguito puntualmente.

A questo punto, se vi state chiedendo "si vabbè, ma sono pur sempre un gruppo cover, dove sta la novità?" non posso che aggiungere questo: ci sono esecuzioni che, pur non avvicinandosi alla genialità creativa del brano originale, riescono in qualche modo a trasmettere la gioia del musicista per la musica e il proprio strumento, grazie all'interpretazione e a tutto lo studio che si nasconde dietro 2 ore scarse di musica in diretta. Non tutti i gruppi che propongono cover meritano di essere ricordati, se non innestano in quello che stanno suonando un briciolo di personalità e di passione: i Mr Quaggott hanno dimostrato di essere muniti di tutte le carte in regola per non sfigurare di fronte a tanti gruppi che invece propongono musica propria, e di questo non si può che rendere loro atto.

Pausa.

C'è chi ne ha paura, e chi non ne può fare a meno. C'è chi le evita e chi le prolunga. E poi, infine, c'è chi non le conosce affatto. Pensate di essere pronti ad un concerto senza pause?

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