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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Marzo 2000

10 marzo 2000
THERION

Era destino che prima o poi sarebbe toccato a lui mettere un po' di ordine nella lunga e caotica carriera dei Therion, e il Gatto Fenriz ne era onorato. Un po' perché li aveva sempre seguiti fin dagli esordi, un po' perché era un modo per tributare loro un omaggio che ampiamente meritavano, un po' perché così facendo sperava di capire... capire... quelle enormi distese di Prati Verdi e Cagnolini che lo inquietavano e lo privavano del sonno...

Dal Vangelo Apocrifo Secondo Pazuzu:


"La band si forma nel 1987 con il nome di Blitzkrieg; successivamente cambia nome in Therion, e registra alcuni demo. I membri originali sono Christofer Johnsson (chitarre e voce), Erik Gustafson (basso), Peter Hansson (chitarra solista) e Oskar Forss (batteria).
Nel 1990 sotto la House Of Kicks esce il loro primo minialbum (4 canzoni) "TIME SHALL TELL", ed è un death cadenzato, quasi melodico, ma decisamente originale ed accattivante.
L'anno dopo sotto la Deaf Records esce l'album completo "OF DARKNESS", contenente anche le 4 canzoni presenti nel mini precedente. La musica non ha subito svolte significative, e quindi rimane sui binari di un death che comincia però ad andare stretto al chitarrista (e anima compositiva) Christofer Johnsson.
È per questo motivo che l'album successivo "BEYOND SANCTORUM", uscito nel 1992 per la Active Records, segna un notevole passo avanti per la band. Il death degli esordi viene amalgamato con l'uso di tastiere atmosferiche (suonate da Peter) che rendono il suono molto diverso da tutto quello che c'era in giro in quegli anni e che costa loro molte critiche da parte della stampa specializzata. In effetti sono forse stati i primi ad inserire certi passaggi melodici e l'uso delle tastiere in pezzi death e quindi a risultare, in un certo senso, il primo gruppo gothic...
I testi sono particolarmente oscuri e trattano tematiche esoteriche e pagane; il motivo è da ricercarsi nell'adesione di Christofer al Dragon Rouge, un ordine esoterico svedese. Da ora in poi tutti i testi avranno sempre una componente esoterica e saranno incentrati su religioni antiche quali egizie, sumere, babilonesi, o anche linguaggio enochiano; saranno comunque sempre collegati a rituali e conoscenze che Christofer acquisirà tramite il Dragon Rouge.
Sempre in questo album è da segnalare la fuoriuscita del bassista, pare per motivi di eccessivo alcolismo.
Passa un altro anno ed ecco che esce il nuovo album "SYMPHONY MASSES - HO DRAKON HO MEGAS" per la Megarock records. La band si è completamente rivoluzionata, e della formazione originale rimane solo Christofer (che qui suona anche le tastiere); ora abbiamo Magnus Barthelson (chitarra solista), Andreas Wallan Wahl (basso) e Piotr Wawrzeniuk (batteria).
Il suono richiama la NWOBHM con chitarre e voce più brutali; c'è una certa epicità oscura di sottofondo che pervade tutto l'album, e anche alcuni piccoli richiami ai Celtic Frost; il tutto condito con un pizzico di doom...
Dopo questo disco passano due anni, i Therion firmano per la Nuclear Blast, ed ecco che nel 1995 esce il singolo "THE BEAUTY IN BLACK" come apripista dell'imminente album. Il disco è registrato con l'ausilio del soprano Claudia Maria Mohri che già aveva collaborato con i Celtic Frost. Magnus ha abbandonato il suo ruolo di chitarrista e al basso troviamo Fredrik Isaksson.
Il nuovo album "LEPACA KLIFFOTH" esce poco dopo e anche stavolta il loro suono è cambiato: la componente Celtic Frost è in primo piano, ma il tutto è condito con un po' di dark e quindi il disco suona più cupo e introspettivo dei precedenti, ma allo stesso tempo anche più immediato. Neanche a dirlo è presente una cover dei Celtic Frost ("Sorrows Of The Moon").
Passa una altro anno e nel 1996 arriva un altro singolo, "SIREN OF THE WOODS". Il suono ha subito un'altra evoluzione, ed è adesso metal con improvvisi scoppi orchestrali.
La line-up è cambiata come sempre e quindi al basso troviamo Lars Rosenberg e alle chitarre soliste Jonas Mellberg; abbiamo poi due cori composti da soprani, alti, tenori, bassi e baritoni; Dan Swano partecipa in quasi tutte le parti vocali non coperte dai cori.
Il disco vero e proprio esce subito dopo ed è la consacrazione dei Therion: "THELI" riceve giudizi entusiasti un po' da tutti. La musica è veramente sinfonica, anche se Christofer ammette che la maggior parte dell'album è stata realizzata con tastiere e synth; i cori dominano la maggior parte del disco, soprattutto nei brani più riusciti. È l'inizio della svolta orchestrale dei Therion.
Nel 1997 esce "A'ARAB ZARAQ LUCID DREAMING", una sorta di disco-celebrazione dei 10 anni del gruppo. L'album contiene 2 brani inediti (del periodo di "Theli"), 4 cover di Scorpions, Iron Maiden, Running Wild, Judas Priest, una ri-registrazione di un brano dell'epoca di "Beyond Sanctorum" e la colonna sonora che Christofer Johnsson ha registrato come progetto solista per il film artistico "The Golden Embrace" di Per Albinsson.
Arriviamo quindi al 1998 quando esce "VOVIN", un disco che è una vera via di mezzo tra musica classica e metal. Il gruppo ha nuovamente subito notevoli cambiamenti, e adesso troviamo (oltre al sempre presente Christofer, ovviamente!) Tommy Eriksson alle chitarre, Ian Kazda al basso, Wolf Simons alla batteria, e parecchi ospiti di riguardo quali Waldemar Sorychta (chitarre), Siggi Bemm (chitarre), Ralph Scheepers (voce), Martina Hornbacher (voce), Sarah Jezibel Diva (soprano e alto).
Christofer ha definitivamente abbandonato il microfono per lasciar spazio ai cori femminili; il legame tra orchestra e chitarra questa volta è più marcato ma allo stesso tempo più amalgamato, e il risultato finale è molto più sognante ed onirico dell'album precedente; alcuni brani sono più orecchiabili al primo ascolto, ma nascondono sempre una complessità di sottofondo che li rende in un certo senso inquietanti.
Da segnalare il singolo "EYA OF SHIVA" che esce solo per le emittenti radio.
Nel 1999 esce "CROWNING OF ATLANTIS", non un album vero e proprio, ma un maxi-singolo di 40 minuti con inediti, ri-registrazioni, brani live e cover di Loudness, Accept e Manowar. Infine all'inizio del 2000 esce "DEGGIAL", l'ultima fatica discografica del buon Christofer, questa volta accompagnato da Kristian Niemann (chitarre), Sami Karpinen (batteria) e Johann Niemann (basso). L'album è stato finalmente registrato con l'ausilio di una vera orchestra, e perciò spiccano canzoni con parti di fiati e archi e condite con cori sia maschili che femminili. Anche stavolta compaiono ospiti di tutto riguardo come Waldemar Sorychta (chitarra) e Hansi Kursch (voce), e la sezione orchestrale è diretta, come nel lavoro precedente, da Ian Kazda.
L'album si conclude con la cover "O Fortuna" estratta dai Carmina Burana di Carl Orff."

DISCOGRAFIA:

  • Time Shall Tell (1990) mini
  • Of Darkness (1991)
  • Beyond Sanctorum (1992)
  • Symphony Masses: Ho Drakon Ho Megas (1993)
  • Beauty in Black (1995) mini
  • Lepaca kliffoth (1995)
  • Siren of the Woods (1996) mini
  • Theli (1996)
  • A'arab Zaraq Lucid Dreaming (1997)
  • Vovin (1998)
  • Crowning of Atlantis (1999) mini
  • Deggial (2000)

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10 marzo 2000
HAGGARD - AWAKING THE CENTURIES

Il Gatto Fenriz miagolò di piacere. Era felice che esistessero gruppi come gli Haggard.
Giunti al loro secondo album dopo "And Thou Shalt Trust The Seer", questo gruppo di Monaco vantava ben 20 musicisti tenuti assieme dall'anima di Asis Nasseri, chitarrista e cantante (growl) degli Haggard.
Era proprio la presenza di strumenti vari quali arpa, viola, violoncello, clarinetto, oboe, corno francese e numerosi altri, colmati da voci di tenori e soprani, a rendere la musica qualcosa di veramente unico.
Immaginate di trovarvi all'opera ad ascoltare un autore che più piace a voi, e d'improvviso la musica cambia, si evolve, e spuntano chitarre e doppia cassa. Non una pacchianata power, intendiamoci, perché non era di questo che si trattava. In un certo senso erano la versione colta dei Therion con la differenza che, dove il gruppo di Christofer Johnsson stancava e risultava noioso e ripetitivo, gli Haggard riuscivano a convincere pienamente.
Un mix geniale di metal e musica classica, suonata da veri (e validissimi) strumentisti e senza sintetizzatori. E forse era proprio qui che cadeva l'asino.
Si perché le composizioni erano così curate e ricercate che, alla fine, il Gatto Fenriz non poteva non chiedersi se la chitarre non stonassero un po' con il resto degli strumenti, e la batteria non fosse inutile sopra le percussioni. Ma era un altro il lato negativo. La voce, stupenda nelle parti classiche, degenerava ogni tanto in un cantato growl che lo convinceva poco e rischiava di rovinare artisticamente quanto costruito prima.
Era un limite marginale, ma perché non rimediare anche a quello? Perché non affidare tutta la parte vocale ai tenori e ai soprani? Sicuramente l'opera finale ne avrebbe guadagnato.
Conscio di tutto questo, il Gatto Fenriz non poteva comunque non apprezzare il disco in se stesso, il concept su Nostradamus e sulla peste, le parti vocali in inglese, tedesco, francese e latino, e sperare fiducioso nel prossimo disco.
Gli Haggard erano un grande gruppo, anomalo semplice allo stesso tempo, e valeva la pena di conoscerli. Sul serio.

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10 marzo 2000
KOROZY - LONG ROAD TO THE LAND OF BLACK

Benvenuti nel grande Circo Black Metal!
Qui non troverete clown o pinzillacchere varie, ma solo individui vario-pinti e tetro-vestiti sempre convinti di essere "i più cattivi di tutti". Non credete quindi a tutti coloro che affermano che il Black Metal è musica fatta da buffoni o teatranti di corte. Come i migliori clown del migliore circo, loro credono veramente in quello che fanno, al punto di immedesimarsi talvolta in tutto quello che dicono. Genio o follia?
Il Gatto Fenriz era finalmente giunto all'ultimo disco della carrellata black di questo mese, ed era un vero e proprio album di classe.
Le danze iniziavano con "road to the land of black", intro sognante e tetra dominata da una voce calda e sussurrante, che poi esplodeva e rivelava l'arte. Non si trattava di semplice black, perché tutti i brani erano a se stanti, opere complesse colme di passaggi quasi "classici", un black non tirato quindi che si prendeva pause di riflessione tra una sfuriata e l'altra, forse per capire se doveva o meno prendersi sul serio, come i migliori clown.
Ma il vero punto di forza del disco erano le tastiere. Tastiere che ora comandavano e trascinavano, ora componevano e legavano il tutto, ma che non sovrastavano mai e non soffocavano le composizioni. Tastiere impreziosite ulteriormente da stacchi pianistici che riportavano alla mente gruppi geniali quali gli Arcturus. A volte gli sembrava quasi di trovarsi davanti ai Rhapsody del black, per la qualità delle composizioni e per la ricercatezze di certi passaggi. Certo, qui il power non c'entrava niente, però...
Musica sinfonica, una band matura che poteva benissimo stare al fianco di compagni ben più sopravvalutati. Tutto questo amalgamato con sorprendenti chitarre soliste che richiamavano i classici heavy degli anni '80, e il Gatto Fenriz non aveva potuto fare altro che adorarli, senza farsi trarre in inganno dal semplice fatto che i Korozy provenissero dalla Bulgaria.
Se era vero che questa musica era sulla via del tramonto e che quelli erano gli ultimi respiri dalla stanza medica in cui era stato relegato in coma, il Gatto Fenriz era più che sicuro che si sarebbe salvato, e il Clown sarebbe tornato nel suo Circo per continuare là dove si era fermato. Volente o nolente, non sarebbe stato ignorato.
Non chiamateli semplicemente Pagliacci, e non ignorateli. Potreste pentirvene. Potreste perdervi il lato oscuro del Metal, oggi più vivo che mai.

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10 marzo 2000
FROSTMOON ECLIPSE - SUPREME TRIUMPH IN BLACK

Non pago della catramata di metallo piovuta sulle sue orecchie con i Sacradis, il Gatto Fenriz aveva deciso di continuare con l'ascolto dei liguri Frostmoon Eclipse. Il mini-cd in questione era formato di 3 pezzi di ampio respiro, ed erano colmi di sano black metal oscuro e tecnico.
Formatisi nel 1994, con un paio di demo alle spalle e numerose partecipazioni a varie compilation, erano finalmente approdati alla ligure Black Tears. Il suono era caratterizzato da chitarre graffianti e tastiere che colmavano gli spazi vuoti con tappeti veramente coinvolgenti. D'accordo, l'originalità non era forse il loro forte, ma si facevano apprezzare per l'immediatezza e la varietà delle composizioni. "Prelude to nocturnal eternity" era la summa di tutto questo, e vantava nel centro del pezzo anche alcuni rintocchi di campana che non potevano non far pensare immediatamente ai maestri Black Sabbath.
"Shadowdream of autumn", invece, iniziava con una melodia pseudo-medievaleggiante per poi partire con la classica tirata black scandita da stacchi centrali acustici di classe.
Erano questi i gruppi che piacevano al Gatto Fenriz. Lontani dalle ampollosità tipiche degli ultimi Dimmu Borgir, immediati e sinceri al punto giusto, complice forse una poca originalità di sottofondo, ma in definitiva un gruppo valido e che aveva dimostrato di essere in grado di poter crescere.
Benvenuti nel grande Circo Black Metal...

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10 marzo 2000
SACRADIS - SACRADIS INFERNALIS

Era un po' di tempo che lo stereo del Gatto Fenriz non era allietato da un po' di sano e corrosivo black metal. I suoi occhi felini erano stati attratti dalla copertina di questo lavoro (il classico faccione col face painting), e temeva di trovarsi di fronte all'ennesimo gruppetto black di infanti che, sulla scia di gruppi ben più importanti, non aveva trovato meglio da fare che atteggiarsi a super-cattivi del paesino di campagna in cui viveva.
Niente di più falso.
I Sacradis in questo mini-cd di 5 pezzi lo stupivano con un black metal cadenzato di chiara matrice Ancient (per gli stacchi acustici infilati qua e là) come si vedeva in "the black hen", oscura canzone che chiaramente si ispirava ai maestri norvegesi.
La voce oscillava tra il classico growl death, a tratti si faceva pulita e profonda in stile Nattvindens Grat (tanto per fare qualche nome), e terminava la sua corsa in screams degne dei migliori gargarismi fatti con Anitra WC.
La musica in generale era caratterizzata da frequenti cambi di tempo e di melodia, che rendevano il disco molto interessante e quasi mai noioso. Bella la title track con l'incipit scandito da una tastiera e successivamente da un trascinante riff di chitarra.
Dove stava la fregatura, in tutto questo ben di dio? La registrazione. Effettuata nei Nadir Studios di Tommy Talamanca, non rendeva piena giustizia alle potenzialità di questo gruppo.
La batteria aveva un suono veramente orribile, e la voce a volte usciva troppo coprendo effettivamente tutti gli strumenti. Un peccato, perché il black dei Sacradis era convincente, forse perché era più orientato agli anni '80 che non alla nuova linea dei Cradle Of Filth.
Ma questa è un'altra storia...

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