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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Agosto 2006

15 agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 4

La vacanza è finita.
Stamattina mi sono svegliato con calma, e ho fatto colazione in albergo. Poi, mi sono rimesso in cammino fino a Fussen, dove ho salutato definitivamente la Germania e comperato lungo la via una “vignette” settimanale per le autostrade austriache, facendomi quindi sentire meno colpevole per il tratto che forse avevo fatto pochi giorni prima. Mi sono diretto verso Innsbruck, e da lì verso il Passo del Brennero, dove ho finalmente salutato l’Italia. Prima del confine mi sono fermato, come ogni volta che faccio questa strada, sul ponte più alto d’Europa.
Sono quindi sceso verso Bolzano, poi Verona, Brescia e Bergamo. In quest’ultima città ho quindi deciso di uscire dall’autostrada e gli ultimi chilometri verso Brembate li ho fatti con la statale. Non so perché. Ma so che è tanto tempo che non passo ferragosto lontano da Genova. E nonostante sia una città vuota in queste ore, devo confessare che mi manca non passeggiarvi dentro, e assaporarne l’aria in un giorno in cui tutti sembrano averla dimenticata. Pazienza, sarà per l’anno prossimo.

In conclusione, allego quella che è la scaletta del CD che mi ha accompagnato in tutti i chilometri da me percorsi.
01 - Savatage - Welcome
02 - Trapezoid - Secret of Monkey Island 2
03 - Franco Battiato - Bist du bei mir
04 - Shania Twain - Don't be stupid (you know i love you)
05 - Twisted Sister - I am (I'm me)
06 - Nightwish - The phantom of the Opera
07 - Alice Cooper - Bed of nails
08 - Dark tranquillity - Mine is the grandeur of melancholy burning
09 - Queen - Seven seas of rhye
10 - T.A.T.U. - Dangerous and moving
11 - Splindeparì - Cristalli
12 - Paola e Chiara - Non puoi dire di no
13 - Ozzy Osbourne & Lita Ford - Close my eyes forever
14 - Elio e le Storie Tese - Bis
15 - Guns 'n' roses - Patience
16 - Faith No More - We care a lot
17 - Fabrizio De Andrè - Folaghe

Chilometri totalizzati: 3510.

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14 agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 3

Mi sono svegliato alle cinque e mezza del mattino, con le ossa doloranti. Esattamente, perché ieri sera dopo aver ammirato il tramonto sul mare, ho deciso che mi sarei rimesso in viaggio finchè non sarei stato stanco, e poi avrei dormito dove capita. Vale a dire, nel sacco a pelo dentro la macchina. Mi sono quindi lasciato tra le braccia di Morfeo in un punto imprecisato sopra Maastricht, ma dopo Eindhoven, dove sono quasi riuscito a perdermi per essere uscito erroneamente dall’autostrada.
Mi sono svegliato alle cinque e mezza, dicevo, e dopo essermi rimesso un po’ a posto sono partito alla volta della Francia. La mia intenzione era di non stancarmi troppo, e di appisolarmi in un prato durante il pomeriggio. Ahimè, i fatti mi daranno torto, ma i buoni propositi c’erano tutti.
Del Belgio posso dire ben poco. L’ho attraversato ad un’ora presta ed era tutto coperto dalla nebbia. Più di 200 chilometri, dico. Tutta nebbia. Se me lo avessero detto, non ci avrei creduto. Il Lussemburgo subito sotto, invece, poco meglio. È quindi con grande gioia che ho varcato la frontiera e sono finito in Francia.
Sono uscito a Metz per prelevare dal Bancomat, quanto basta per vedere il bel centro storico e sgommare subito via alla volta di Strasbourg, utilizzando la strada statale. Splendida, devo dire. La statale. Ma anche Strasbourg. La cattedrale è veramente imponente, e vi sono arrivato a mezzogiorno preciso per cui c’erano anche le campane che suonavano. Il centro storico è proprio bellino, con una ottima statua di Nostradamus in una piazza, ma alla fine vi sono rimasto poco perché la meta del giorno era un’altra. Quanto basta per prendere qualche souvenir, e guardare la ricostruzione di un organo che fu suonato da Mozart in quella stessa cattedrale ed un gigantesco orologio astronomico.
La meta, dicevo era differente. Ebbene si. Oggi ho deciso che sarebbe stata la giornata della Foresta Nera. Da Strasbourg ho quindi sconfinato per l’ennesima volta in Germania, e ho puntato a Offenburg. Da lì ho disdegnato ogni autostrada degna di questo nome, e mi sono addentrato nella Foresta con le stradine più piccole che mi venivano in mente. Ho attraversato Gengenbach con la statale 33, poi mi sono spostato verso Hausach sulla 294, e ancora verso Schramberg, Dunningen e Rottweil con la 462. Da lì mi sono spostato sulla 14 scendendo verso Tuttlingen e Stockach. Ho poi seguito la 31 fino a Lindau, dove mi sono immesso sulla 12 attraversando Isny e finendo a Kempten, dove ho iniziato al discesa verso Fussen. Lungo la strada, mi sono finalmente fermato in un hotel dove sto scrivendo queste poche righe prima di andare a crollare dal sonno.
Sono stato didascalico in questa scrittura perché ci tenevo a tenere traccia degli spostamenti che ho fatto nell’arco della giornata, anche per memoria futura. In effetti, è facile sbagliare strada tra tutte quelle che ci sono dalle parti della Foresta Nera, e se mai dovessi tornarci almeno potrei sapere che una certa strada l’ho già fatta. Ho fatto delle splendide foto in mezzo agli alberi, che non vedo l’ora di rivedere con calma.
In albergo, invece, dopo aver cenato ed essermi sanamente sfamato con un piatto tipico del luogo, o almeno così mi hanno fatto credere, era bovinamente buono, ho intravisto un pianoforte. Neanche a dirlo, ho schiacciato i tasti per una buona mezz’ora con solo una vecchina tedesca ad ascoltarmi, che quando ho smesso mi ha sorriso. Non ho capito se per piacere o per dovere. Ma fa lo stesso.
Adesso smetto veramente di scrivere perché sto crollando dal sonno, e non vedo l’ora di chiudere occhio. Sicuramente non farò fatica ad addormentarmi.
Ah, una cosa da ricordare per i prossimi viaggi: portarsi un adattatore per la presa del portatile. Molte prese sono senza la terra centrale, oppure schuko. Questo nuovo HP che ha una presa standard italiana sta andando avanti a batteria da tre giorni, e forse è anche per questo che alcune frasi potrebbero sembrare scritte in fretta. Lo sono.

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13 agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 2

Più di mille chilometri in un giorno, per riuscire a venire a vedere il sole tramontare in mare. Ho attraversato l’intera Germania, partendo da Praga questa mattina, per arrivare stasera alle spalle di Amsterdam e godermi lo spettacolo. Intorno a me, gabbiani affamati e ragazzi giovani che si dirigono ad un capannone sulla spiaggia che emette note ritmate e promette una notte intera di sballo. Come si vede che non sono più in Europa dell’Est! Il ritmo continua a crescere e attira come mosche tutti i giovani qui attorno, come ogni sogno di una notte d’estate che si rispetti. Vedo tante di quelle ragazze che il mio cuore si finge morto direttamente prima di lasciare che si frantumi come vetro e lasci dietro di sè una scia di desiderio lascivo.
Torno ad alzare lo sguardo e ammiro quel sole che dista oramai poco dal mare, e illumina una vela all’orizzonte immersa in quella scia dorata che è l’avvenire. Aspetto con calma che quel disco giallo decida di scendere giù, sempre più giù, fino a sciogliersi in quelle onde irrequiete che sussurrano parole d’amore alle giovani coppie che si stringono per la vita promettendosi segreti irripetibili.
Come sono arrivato qui? È facile. Ho lasciato una Praga addormentata al punto che ho avuto l’impressione che quasi faticasse a svegliarsi. Di sera ho visto tanti locali aperti, con musica dal vivo e non, e altrettanti bar chiusi mi si sono parati davanti agli occhi al mattino. Mi sono quindi perso per uscire da Praga perché non riuscivo ad imboccare la strada giusta, e mi sono messo in direzione nord, per puntare a Berlino. Arrivato al confine sono riuscito nuovamente a perdermi, come se la Repubblica Ceca non volesse lasciarmi andare via, cercando di stringermi a sé con il suo caldo abbraccio sensuale. Più prosaicamente, diciamo che stavo cercando di uscire utilizzando un’autostrada non ancora costruita, ma che sulla mia cartina figurava. Ecco cosa succede a comprare le edizioni 2007/08.
Sono quindi uscito via statale puntando a Dresden, e questa volta alla frontiera mi hanno fermato per chiedermi i documenti. Miracolo.
Ho pranzato subito sotto Berlino, il cui cielo era più plumbeo che mai, e da lì ho puntato a ovest praticamente senza soste, se non per fare benzina e comperare una cartina di Olanda, Belgio e Lussemburgo. Mi sono lasciato Amsterdam dietro di me, ho superato Haarlem e sono finito all’estremità ovest, seguendo la statale E200. Ora mi trovo in questo ritrovo di giovani che aspettano che cali la tenebra per lasciarsi all’incanto del divertimento collettivo di questa spiaggia che sembra una vera e propria discoteca all’aperto, e guardo il mare, in attesa. Senza fretta. Stanco per il viaggio ma felice di essere arrivato fin qui.
Spero solo di riuscire a trovare una camera dove dormire, quando me ne andrò da qui. Per la cena, invece, c’è ancora tempo…

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12 agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 1

Incantata, e vecchia Praga. Ma andiamo con ordine.
Stamattina mi sono svegliato nello stesso motel in cui mi ero addormentato, dopo una notte non priva di incubi. Prima o poi dovrei decidermi a raccontarli o scriverli, perché alcuni potrebbero essere veramente degni di nota. Comunque. Dopo un veloce colazione mi rimetto in cammino e dopo poche curve trovo finalmente l’albero che cercavo. Mi fermo. Lo guardo. Lo riguardo. Scatto qualche foto. Lo guardo ancora. E finalmente, mi rimetto in cammino.
Continuo a percorrere la Svizzera verso il passo di San Bernardino, quando succede l’impensabile. Inizia a nevicare. Fiocchi grandi come un dito cadono giù dal cielo, e sembrano volermi cancella re dalla memoria il fatto che siamo esattamente a metà agosto. Magico. Continuo il mio cammino e attraverso le cittadine di Splugen, Thusis e Chur. Poco prima di entrare in Liechtenstein attraverso una postazione militare che mi ricordo già da tre ani fa, e finalmente entro a Vaduz. Non sembra cambiata. Non mi accorgo nemmeno di aver cambiato stato e sono già in Austria, a Feldkirch. Alla dogana ancora una volta non sembrano nemmeno guardarmi in volto. Penso di aver preso l’autostrada, a questo punto, ma non ne sono sicuro. Certo è che, se l’ho veramente fatto, non avevo pagato la tassa per poterla prendere e sono stato fortunato che non mi abbiano fermato.
Tempo nemmeno un’ora e sforo in Germania. Mi immetto in direzione Memmingen e alla prima sosta mi fermo a mangiare da un McDonald per poter fare in fretta. Era già quasi l’una, in effetti. Acquisto anche una cartina stradale, per poter sapere dove io stia andando. Va ricordato infatti che fino a questo punto ero dotato solamente della cartina autostradale del nord Italia.
Mi dirigo verso Munchen (autostrada numero 96), ma solamente perché l’autostrada verso Nurnberg (numero 7) era intasata dal traffico. Giro poi in direzione di Regensburg (numero93), poi ancora Weiden fino alla deviazione in direzione Plzen (numero 6), e quindi Praga (E50). Appena entrato in repubblica Ceca mi fermo per fare rifornimento, e ne approfitto per comprare la “vignette” per poter utilizzare le autostrade ceche, e cambio 100 euro in moneta locale.
A questo punto, non mi lascio più distrarre da niente e mi dirigo senza remore verso Praga, che raggiungo finalmente alle 18.30 di sera. Dopo aver vagato in macchina una mezz’ora alla ricerca di un alberghetto dove dormire, trovo finalmente una pensione in pieno centro dove riesco a sistemarmi. Lascio quindi le mie cose in camera, e mi dirigo alla ricerca del pub che più mi è caro al mondo: U Fleku. E riesco inesorabilmente a perdermi. Le vie di Praga sono qualcosa di incantato, veramente. Credi di andare in una direzione e ti ritrovi al punto di partenza, senza nemmeno rendertene conto. Chiedo delle timide indicazioni ad un tassista e dopo dieci minuti mi accorgo che sono nuovamente di fronte alla sua via, come se non mi fossi spostato, come se lui mi avesse seguito. Ma la realtà è ben diversa. Praga è una città magica, un po’ come certi vicoli di Genova. Sei convinto di sapere dove stai andando, ma in realtà solo loro sanno dove sei, e dove ti vogliono far andare. E ci riescono perfettamente. Sul serio. Ma dopo tanto girovagare, finalmente lo raggiungo.
Una piazza che rappresenta la sosta di un’intera vita. Ci sono posti che sono legati intimamente a ciò che siamo, quello che abbiamo vissuto, alle scelte che intraprenderemo. Praga, per me, è un luogo magico, è uno di questi posti. E la birreria U Fleku non potrebbe mancare. L’atmosfera che vi si respira mi ha stregato fin dalla prima volta che vi venni, nel lontano 1996, oramai dieci anni fa. Svaniti come un batter di ciglia dopo un sonno durato un secondo, un attimo, un istante soltanto. Ma quanto basta per farmi sentire a casa come la prima volta che varcai quella soglia, anni fa. E non esiste miglior cura per l’anima se non il trovarsi in posti che significano la pace, la tranquillità, l’essenza stessa della vita.

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11 agosto 2006
ESTATE 2006 - GIORNO 0

È iniziata oggi la mia vacanza estiva. E finirà tra quattro giorni.
Dopo l’ennesima settimana lavorativa a Brembate, in provincia di Bergamo, oggi allo scoccare della fatidica campana di fine giornata sono salito in macchina e ho fatto rotta verso nord. Invece di tornare verso Genova, e ritrovarmi come tutti i venerdì sera a pascolare per i vicoli del centro storico, ho deciso di sfruttare questi pochi giorni di mezz’estate per fuggire via dalla vita quotidiana e dedicarmi ad un eremitaggio vagabondo, una specie di ricerca del senso della vita condensata in poche ore e minuscoli attimi di intense esperienze.
In effetti, potrei dire di essere alla ricerca di un albero, che vidi tre anni or sono mentre con Mirko attraversavo la Svizzera alla volta della Germania, per poi approdare in Danimarca e da lì girare mezza Europa. Potrei dire di essere alla ricerca di quella visione che ricordo ancora benissimo oggi come se mi si fosse parata davanti agli occhi solo poche ore fa, ma all’epoca non ebbi la prontezza di riflessi di scattare una fotografia, di dedicarle qualche attenzione di più che non sia stata una misera parola su di un diario sgualcito ed un fotogramma mentale che ho paura che tra poco inizi a sbiadire. Potrei dire che è per questo che mi sono messo in viaggio. Ed in buona parte, direi esattamente la verità.
Ma è anche, e soprattutto, il bisogno di staccare la spina dopo mesi di giornate intense passate al lavoro senza quasi nemmeno una giornata di riposo. E quindi, finalmente, eccomi qui. Ho varcato il confine svizzero sopra Como poco dopo le 19, e ho continuato verso Lugano. Subito dopo la frontiera, varcata senza problemi con la solita guardia che quasi nemmeno mi ha guardato in volto, mi sono fermato a fare il pieno di gasolio e comperarmi un paio di tramezzini per smorzare l’appetito, trangugiati dopo nemmeno un’ora in men che non si dica mentre attraversavo Paradiso, una frazione subito prima di Lugano. Ho visto la punta sud del Lago di Como, e costeggiato per un bel pezzo il Lago di Lugano. La rotta mi sta portando al Passo di San Bernardino, la stessa strada che seguii tre anni fa, e quindi ho raggiunto e superato Bellinzona. Da lì in poi, il paesaggio ha iniziato a farsi montano, e la stanchezza mi ha indotto ad iniziare a cercare un riparo per la notte. Sono munito anche di sacco a pelo in caso di estrema necessità, ma spero di non doverlo usare fino alla fine. Un letto è pur sempre un letto. Alle 20.50, dopo essermi fermato vanamente davanti ad una scritta “zimmer” dalle parti di un paesello che se la memoria non mi inganna era Cama, ho trovato un Motel lungo la strada gestito da una signora simpatica e affabile, che ha cercato di comunicare con me per tutto il tempo in un italiano tanto stentato quanto perfetto. Ho cenato a base di panino al salame e cetrioli accompagnato da una ottima birra locale, e finalmente mi sono diretto verso la camera, dove adesso sto scrivendo queste poche misere frasi che mi accompagneranno e aiuteranno la memoria a ricordare negli anni a venire. È splendido il laghetto in miniatura proprio sotto il motel, ed i monti tutti attorno lasciano indugiare i pensieri a memorie che riportano alla gioventù, quando passavo le estati in montagna con tutta la famiglia ed eravamo soliti vagabondare per i monti alla scoperta di nuovi orizzonti con cui riempirci gli occhi.
Ritorno alla realtà. La colazione domani mattina è dalle 8.30 alle 9.30, e conto di arrivare più che puntuale. Bagni in comune permettendo, ovviamente. In camera infatti c’è solamente un piccolo lavandino, mentre per farmi la doccia o andare ad espletare i bisogni corporali dovrò uscire dalla stanza e affrontare un lungo corridoio. In realtà, poi, la stanza della doccia ed il bagno sono praticamente di fronte alla mia stanza, per cui è quasi come se li avessi sempre a disposizione. Code permettendo, ovviamente.
Okay, adesso lascio le ore che seguiranno al riposo più assoluto, e dopo aver dato una rapida occhiata alla cartina per il primo tragitto di domani, spengo il cervello già abbastanza stanco e oramai esausto di guardare un monitor anche solo per scrivere questi ultimi ricordi e pensieri serali. A domani, compagni di letture.

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