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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Marzo 2009

25 marzo 2009
MEMORIA

E' tutta questione di memoria.
Certi ricordi si soffermano negli angoli più soleggiati del cervello e riescono a mettere radici e a crescere rigogliosi, nonostante gli anni e tutti le strade sbagliate che prima o poi finiamo sempre per imboccare. Certi ricordi non hanno nemmeno bisogno di essere fissati col chiodo al muro da quanto sono vividi, come ad esempio la prima volta che vostra sorella vi saltò per gioco sulla schiena mentre eravate sdraiato sul tappeto della sala, e voi sentiste con precisione chirurgica quel dolore lancinante al basso ventre, oramai pericolosamente pressato contro la vostra costruzione di lego preferita. Certi ricordi invece tendono a svanire quasi per incanto, come se non fossero mai avvenuti, come se non fossero importanti; ma il loro valore lo scoprirete soltanto quando vi interrogheranno sulle transazioni atomiche all'esame di Sistemi Operativi. E a nulla servirà sorridere inebetiti e chiedere la domanda di riserva.
E' tutta una questione di memoria, dicevo.
C'è chi riesce a ricordare quasi ogni singola frase che ha pronunciato da quando ha acquisito il dono della parola, e chi si dimentica perfino dell'acqua che ha bevuto a pranzo. No, non era Ferrarelle, odio le mezze misure. Le mezze misure sono per quegli ingegneri falliti che non hanno nemmeno i soldi per comprarsi un metro di quelli che si arrotolano scattanti, di quelli che quando dimenticate la sicura vi tagliano le dita prima ancora che riusciate a dire "ma cazzo, non potevo comprare un metro rigido?" In effetti, forse non sono poi così falliti. Cioè, non tutti gli ingnegneri, almeno. Okay, mi sono tradito: credo di aver dimenticato dove volessi andare a parare, come disse il portiere rientrando negli spogliatoi dopo aver abbracciato con troppo calore il palo della propria porta. Con la testa.
Personalmente, ed in tutta sincerità, credo di avere una memoria talmente lunga da non riuscire più a vederne la fine, praticamente: e mi sono già dimenticato come sia fatta. Mi sembra di essere una sorta di pesce rosso anfibio, ma con meno branchie. Non lo si direbbe, quando mi ritrovo a bocca aperta davanti ad una bella birra ghiacciata, ma questa è un'altra storia, e non credo che vi interessi. O almeno, penso che la dimentichereste in fretta. Se berrete con me, almeno. L'alcool aiuta a dimenticare tutto in maniera che oserei definire miracolosa, ma sappiate che non sempre è una buona cosa. Certo non lo è se vi doveste ritrovare una mattina, a letto, abbracciati alla vostra pianta grassa, si proprio quella con tutte quelle spine. Quella che spolverate con talmente cura per paura di pungervi da utilizzare il metro rigido che finalmente avete deciso di comprare. Anche se non siete ingegneri: ma non sopportate proprio di poter passare per stupidi.
A cosa serve avere una buona memoria? A niente che non possa essere sostituito con una buona agenda, avendo sempre l'accortezza di portarsi una penna dietro. Nella giacca giusta. E possibilmente carica [la penna, non la giacca]. Che tanto vi ritroverete a prestare alla prima bionda che vi si siede di fianco e che ha casualmente dimenticato la propria borsa a casa [ma è appena tornata dal rifarsi il trucco in bagno]. Una buona memoria serve a non sprecare tanti alberi, insomma. Una buona memoria serve ad utilizzare la carta in maniera più costruttiva. A meno che non soffriate di diarrea, nel qual caso lo spreco ci sarebbe ugualmente, ma non voglio approfondire [tanto avete capito, lo so che non siete stupidi o ingegneri, dai].
Una buona memoria serve per ricordarsi i compleanni di tutti gli amici e vi permette di fare loro gli auguri. D'accordo, adesso c'è anche Facebook che vi ricorda tutti i compleanni [anche quelli che avreste voluto dimenticare], ma almeno non vi sfuggirà più nessuno: adesso si che potrete farli sentire più vecchi. Fare auguri è divertente: è dover rispondere a tutti gli amici che te li fanno tramite Facebook, MySpace, Orkut, YouTube, MSN, GTalk, LinkedIn, Twitter [eccetera eccetera] che diventa faticoso, quasi un secondo lavoro. Credo che sia per questo che sposto sempre il mio compleanno quando ci si avvicina alla data fatidica. Qualcuno si ricorda ugualmente, ma poco importa: sono quei maledetti che hanno buona memoria, e non li posso biasimare. Al massimo, auguro loro una diarrea di quelle potenti.
Non ho buona memoria. E come tutte le persone che non hanno buona memoria, a volte mi trovo assalito da ricordi che manco immaginavo di possedere ancora, e che mi lasciano a bocca aperta. No, non sto bevendo una birra [non ancora]. A volte mi ritrovo per le mani ricordi che mi fanno quasi piangere da quanto sono lontani e distanti da quello che sono diventato nel corso degli anni, e che risvegliano in me tutte quelle emozioni sopite che hanno forgiato il mio pessimo carattere in tutti questi anni. E non mi sto riferendo al Verdana che è davanti ai vostri occhi.
Cosa vorrei dimenticare tra tutte le cose che invece rammento? Non lo so, penso niente. Quello che sono è quello che sono diventato anche grazie a loro, grazie ai ricordi di tutte le volte [e sono tante] che ho sbagliato, e di tutte le volte che ho avuto ragione [zitti voi laggiù, che vi sento!] su qualcosa. Che senso avrebbe voler dimenticare qualcosa? Sarebbe come voler dimenticare di avere gli occhi, o di dover andare dal barbiere prossimamente per farsi accorciare i capelli [ma ancora per poco, non credo che Vin Diesel abbia questi problemi], o che ci si è innamorati perdutamente. Sarebbe assurdo. Sarebbe falso, sarebbe come tradire noi stessi, dal più profondo dell'anima. E allora lascio che queste domande scivolino via, nell'ultimo sorso di Beck's della sera, e mi dirigo verso il letto. E' giunta finalmente l'ora di spegnere il cervello, e andare a dormire.
Certo, se prima di sdraiarmi mi fossi ricordato di togliere tutte quelle spine dalle lenzuola...

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23 marzo 2009
SILENZIO

Silenzio tutto attorno.
La giornata volge al termine, e i pensieri si soffermano sui pochi istanti che meritano di essere ricordati. Pensieri piacevoli, pensieri noiosi, pensieri di bile e pensieri tediosi. La mente trema, mentre il mondo intorno si fa sempre più oscuro, sempre più cupo, sempre più distante. Non riesco a non pensare a te, a tutto quello che abbiamo condiviso e che ci unisce. Al tempo che ci separa, allo spazio che ci distrae. All'infinito. Un sibilo lontano sembra crescere sempre più, mentre i ricordi si adagiano lentamente su quel dettaglio che non riuscirò a cancellare tanto facilmente. Cosa resterà di me, mi chiedo, cosa resterà di tutte le mie convinzioni che ho eretto in questi anni e che mi tengono compagnia nei giorni di pigra solitudine?
Silenzio tutto attorno.
Cerco risposte negli oggetti che mi circondano, piccoli simulacri di religiosa indipendenza che non servono ad altro che a mascherare l'ironia della sorte. Ironia beffarda di un domani incerto dal respiro bastardo. Rispondo al vostro richiamo, o venti che soffiate caldi da sud e che portate con voi tutta quell'illusione di pace che non ricordo di aver mai raggiunto. Rispondo al vostro richiamo, e mi accorgo di avere la testa talmente piena di castelli di nebbia che non riesco quasi a vedere attraverso. Varco la soglia di una nuova stanza, e non trovo altro se non altra nebbia. Solo nebbia. Sempre più fitta, sempre più palpabile e concreta.
Silenzio tutto attorno.
Lascio che i piedi riprendano il contatto con il suolo, e getto via tutti i costumi che in questi anni ho indossato, tutte quelle maschere che mi sono calato sul volto per riuscire a guardare ancora negli occhi chi mi stava di fronte, per sostenere il loro sguardo puro e incontaminato. Non sento più sulla pelle il peso di quei falsi tessuti che mi legavano e mi stringevano nel loro caldo abbraccio fatto di menzogne e di pallide sicurezze. In lontananza, osservo il rumore di un rubinetto che perde, che goccia dopo goccia echeggia e rimbomba nel buio della sera. Sono qui, con tutto il mondo a portata di mano, ma sono ancora solo. Solo come un astro cadente che illumina il cielo e accende i desideri di una mente innocente, solo come un gatto malato da tutti temuto e che viene allontanato, solo come un orologio fermo il cui destino si è fissato nel tempo quando la molla che lo governava ha compiuto il suo ultimo passo verso l'oblio. Solo come quella nota che aspetta ancora di essere suonata da un musicista sordo che ha oramai perso tutta la fiducia in se stesso. Solo come l'oceano, da tutti circondato e solcato, ma che nessuno riuscirà mai ad abbracciare.
Apro una mano e, lentamente, la lascio scendere sul viso. Gli occhi sono chiusi, e la pelle risponde al tatto con un brivido di calda sicurezza. Seguo il disegno delle tempie fino alla base del collo, poi la mano si stacca. Ancora, sento le cellule pulsare sotto quel tocco oramai distante, che non esiste se non nei miei ricordi. Ricordi piacevoli, ricordi noiosi, ricordi di bile e ricordi gioiosi. Avvicino il volto alla mia immagine mentale di te, e finalmente sorrido.
Chiudo il libro dei miei pensieri, e lascio che il sonno faccia il suo ingresso in questo castello di nebbia.
Anche il silenzio, oramai, tace.
Solo i fiori che sono spuntati sul tuo eterno riposo continuano ad urlare senza sosta.

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