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Ottobre 2009
11 ottobre 2009
CAMERA MUTA
Per questo e quel male, sono solo.
A volte mi sembra ancora di sentire, sul volto, il fresco vento della terra dove sono nato e cresciuto. Un'aria pungente ma delicata, un'aria a cui non posso non associare tutti quei bei ricordi che mi riportano a te. Quella sera: eri bellissima, vestita soltanto con la tua camicia da notte. Ricordo ancora ogni singolo passo scendendo quella scala, la nostra scala. Riesco a ricordare ogni notte di quel periodo, e ogni notte che riporto alla memoria è come un'oasi di pace di una vita che oramai non mi appartiene più. Adesso, la mia casa è questa camera muta.
Quanto tempo è passato da quei giorni, quanto tempo sono stato via, non riesco proprio a ricordarlo. Innumerevoli inverni hanno ceduto il posto alla fresca erba che cresce rigogliosa nel nostro prato davanti a casa, quel prato di cui riesco ancora a percepire l'odore di ogni singolo stelo d'erba, se avvicino lentamente le mani al naso. Posso anche prendere in mano una delle tante foto che mi hai inviato, e lasciare che il mio sguardo si soffermi su questo o su quel particolare. Le ho attaccate tutte alla parete, in questa che è la mia camera muta.
Un giorno, qualcuno ha deciso che io dovessi finire qui dentro. Qualcuno ha guardato la mia vita e ha tirato le somme prima ancora che io potessi capire il verso del mio ultimo decennio passato. Da allora, da quel fatidico giorno, questa è la mia nuova casa, questo è il posto dove vengo trattenuto, dove non posso farmi del male. Dove pensano che io sia al sicuro, soltanto perchè non riuscirò più a far sanguinare inutilmente i miei polsi. Illusi. Esistono tanti modi. Ci sono infinite maniere. Non ne capisco veramente il motivo, ma so quanto sia affascinante il vuoto futuro che non vedo davanti a me. E questa camera muta, questa stanza silenziosa perennemente sterilizzata e dalle pareti bianche, questa sala silente che è tanto grande e che eppure sembra mi si stringa addosso come una tomba fresca, ha una sua luce tutta particolare, che non posso fare a meno di continuare a fissare. E' lassù. Mi guarda, mi osserva, mi giudica. Non riesco a raggiungerla.
Mi hanno dato forchette e cucchiai di plastica, per impedire di lasciarmi in mano qualcosa di tagliente. Mi hanno tolto perfino i lacci dalle scarpe: devono aver saputo in qualche modo quello che ho cercato di fare, quell'altra volta. Sono scaltri, debbo ammetterlo. Parecchio. Ma non credo che sappiano tutto quello che ho fatto al di fuori di questa camera muta. No, non credo proprio. Questo posto è così tranquillo, così pacato, che la sua serenità non mi pare nemmeno nuova: è come se vi fossi abituato fin dalla nascita, e nonostante quest'atmosfera ossessiva che continuo a respirare, so che è la mia casa. La mia casa, lontano da casa. Ma quale casa? E' allo stesso tempo l'alba e il tramonto della mia esistenza, un sogno effimero divenuto realtà per la volontà di qualcuno che nemmeno conosco. A questa camera muta ho confidato i miei più intimi segreti, come se fosse un amico, un confidente, come se fosse la mia anima gemella. Le ho raccontato la mia vita, e credo che oramai mi conosca molto più di lei. E' troppo tardi.
Un giorno, qualcuno ha deciso che io dovessi finire qui dentro. Sanno che possono trattenermi, e lo faranno. E lo fanno. Qui, non posso farmi del male. Non posso farmi del male, in questa camera muta. Non posso, non riesco più a far sanguinare questi maledetti polsi. Eppure vorrei.
Un materanno sul pavimento. Nessuna maniglia sulla porta. Non ho veramente bisogno di altro, qui: a parte me stesso.
Per quello che vale, sono solo.
[Liberamente ispirato da "The quiet room", di Alice Cooper]
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