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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Gennaio 2008

31 gennaio 2008
PALCONUDO

Esistono dischi belli e dischi brutti, così come vi sono articoli belli e articoli brutti. E la vita di un recensore è disseminata di entrambi, purtroppo. Può esserci il giorno in cui capita tra le mani una registrazione stupenda, e si ha la fortuna di riuscire a descrivere i brani che la compongono con una leggiadrìa degna solo di quelle magiche note. Allo stesso modo, può succedere che un disco pessimo sia accompagnato da una recensione che non avrebbe mai dovuto vedere la luce del sole. E poi ci sono, ovviamente, le vie di mezzo.

Quella che spero di riuscire a mettere in piedi, adesso, è proprio una classica via di mezzo, perchè il disco di cui ti sto per parlare è mediocremente brutto. A tratti cerca di essere ricercato e melodicamente orecchiabile, ma la realtà è che i dieci brani che lo compongono si arenano inesorabilmente dopo sole poche note. Io potrei anche cercare di sopportare questi testi che vorrebbero essere considerati come pensieri profondi accompagnati da melodie di chitarra che malamente riescono a reggere il passo, ma sicuramente non basteranno a soddisfare il tuo palato, ascoltatore che a malapena riuscirai ad arrivare alla fine del disco, figuriamoci poi se lo vorrai far ripartire da capo. La voce inciampa più volte nella sua stessa volubilità, e la struttura dei brani è talmente banale che non può non richiamare quella scuola cantautorale genovese che tanto ci ha entusiasmati in passato, quanto ci sta deludendo nel presente. Soprattutto con il presente disco.

Ok, adesso fermati. Rileggi quello che hai appena letto. Tutto quello che ho scritto. E ribaltalo del tutto. Negalo.

Il disco dei Palconudo è una figata pazzesca. Non sto scherzando, sono serio: i cinque musicisti dimostrano una maturità totale, a partire dai testi fino al compimento del più piccolo e semplice arrangiamento. Lo dimostra un utilizzo perfetto della struttura verbale e vocale della lingua italiana, mai vittima di passaggi forzati dalla musica e quindi in perfetta sintonia con essa. E lo conferma anche la splendida cover di "Dormi" dei Subsonica presente in chiusura del disco. Un disco acustico, melodico, ballabile e profondo, un disco che ti spiazza dalle melodie di "Nel momento" fino all'incalzante incedere di "Ninnananna". Un disco che ti fa vivere a fianco di "Sara" e ti sconvolge sugli arpeggi di "La danza dell'illusione". Un disco che è troppo breve e quando finisce ti ritrovi incantato a premere play ancora una volta, un disco che non puoi non consigliare alla prima persona che incontri, un disco che ti stupisci di non vedere nelle vetrine dei negozi, e ti incazzi se pensi che forse non ci arriverà mai. I Palconudo hanno oramai oltrepassato la fase dell'adolescenza e sono pronti a puntare in alto. Lo meritano. Così come meritano una registrazione che riesca a sottolineare ogni più piccola tonalità e sfumatura, che adesso ogni tanto riesce ancora a sfuggire. Alcuni passaggi quasi gitani hanno la spontaneità e la lucidità di composizioni troppo spesso archetipate e relegate in un angolo di miscreduta ricercatezza nell'oceano del banale flusso commerciale di tendenza a scaffali. Suona bene, vero? Cosa avrò voluto dire, te lo posso garantire, te lo spiegherò soltanto di persona al primo concerto dei Palconudo. Promesso.

Il disco di cui ti ho appena parlato è un piccolo capolavoro. Credimi. Come sia questa recensione, invece, non starà a ma dirlo, ma che sia bella o brutta in fondo non ha poi tutta questa importanza. Non ha importanza perchè ci sono canzoni che si descrivono da sole, ci sono melodie che non hanno bisogno di presentazioni, ci sono ballate che entrano in testa per non uscirne mai più. E questo è uno di quei casi. Cosa importa, in fondo, se io sia riuscito a dirlo bene? Mi credi ancora, oppure no?

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28 gennaio 2008
ALBA

Prendono fuoco, le nuvole. Anche a Milano.

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20 gennaio 2008
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18 gennaio 2008
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E' brutto essere sol...

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17 gennaio 2008
ABISSO, VERSIONE HPL

1415

Note: "Ebbrezza degli Abissi", un nome fico per "narcosi da azoto".

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17 gennaio 2008
PUZZLE

Cos'è un puzzle? Un modo per affrontare i problemi, un momento di pausa nel travaglio della vita di tutti i giorni, un colorato rompicapo da affrontare da solo o in compagnia. Ciascuno ha un suo approccio per affrontare un puzzle. C'è chi separa i pezzi in base al colore, chi in base alla forma, chi inizia a fare il contorno, chi cerca ostinatamente un particolare ben preciso così come appare sull'immagine della scatola, chi tira a caso, chi demorde dopo cinque minuti e chi ci passa intere nottate. C'è chi avvicina ogni singolo incastro alla scatola, ruotandolo su se stesso, per capire a quale parte del puzzle appartenga. C'è chi riesce a lavorarci guardando contemporaneamente la televisione. C'è chi affronta prima gli angoli e chi preferisce soggetti con castelli fiabeschi.

Ma soprattutto, indipendentemente dal metodo che ciascuno di noi possa prediligere, un puzzle possiede un suo fascino indiscusso che esercita su di noi dall'alto di quel disegno che poco per volta compare. E' il fascino dell'ignoto, e allo stesso tempo la bellezza dell'essere artefici noi stessi di una composizione geometrica di cui siamo e saremo gli autori. Capire poco per volta come incastrare un'area in un'altra, capire dove cercare un determinato incastro, capire che quello che si sta costruendo non è altro che una piccola metafora della nostra medesima vita. Capire che noi stessi non siamo altro che un puzzle nelle mani di un qualche dio che ci guarda, ci osserva attentamente, ci ruota tra le sue mani e poco per volta ci posiziona in quello che sarà in nostro destino, il nostro posto finale.

Cos'è un puzzle? Un gioco di auto-coscienza e di apprendimento di noi stessi, un gioco in cui si svelano davanti a noi regole irrisolte della società e del mondo in cui nasciamo e viviamo. Un gioco perverso in cui noi siamo pedine e giocatori, un gioco incantato in cui abbiamo l'opportunità di capire meglio lo schema che si crea poco per volta davanti ai nostri occhi, pezzo dopo pezzo, incastro dopo incastro, solo per capire sempre meglio la nostra mente, ed i ragionamenti che l'accompagnano dal momento della veglia fino all'ora del torpore. Un gioco in cui non possiamo nasconderci ma soltanto cercare, continuamente o con infinite pause, di far andare tutto a posto, perchè in fondo sappiamo che sarà possibile. Fortunamente. Un gioco utopico, di cui si conosce l'inizio e si ha la presunzione di sapere che ci sarà una fine, e che questa ci soddisferà.

Una volta ho visto un puzzle affascinante: era tutto bianco, con un solo mirtillo nell'angolo in basso a destra. Quel mirtillo troneggiava sicuro e fiero da quel suo piccolo posto, eppure era grande come un dio. Era la coscienza stessa di quei 1000 pezzi che sarebbero stati tutti uguali, tranne uno. Era la certezza che esiste il caos, e l'ordine al di sopra di esso. Ho commesso l'errore di non portarlo a casa con me, quel giorno, e lo rimpiango ancora. Sarebbe stato come affrontare un foglio bianco e iniziare a scriverci sopra. Sarebbe stato come cercare di suonare la prima nota in un anfiteatro colmo di gente, in attesa di un suono. Sarebbe stato magico, e difficile. Sarebbe stato... un puzzle.

Cos'è un puzzle? Un puzzle è una vita da compiere, è un po' come un libro da leggere. Un libro in cui ciascuna pagina non sarà altro che un pezzo che si incastra nel successivo, ma di cui non abbiamo lo schema in copertina e di cui quindi non conosciamo affatto la fine. Ma quando arriverà, sapremo che è quella che ci doveva essere, che è perfetta, e che sarà la rappresentazione finale di tutto quello che abbiamo letto fino ad allora. Non tutti i libri sono dei puzzle perfetti. Di alcuni possiamo intravedere la fine dopo poche pagine, e leggere le successive per il solo gusto della lettura. Ma ci sono libri, e puzzle di conseguenza, che non ti permettono di capirne lo schema fino a quando non avrete posizionato quell'ultimo piccolo e nascosto pezzo, e fino a quando non avrete voltato quell'ultima pagina. Ci sono libri che sembrano volerti far scoprire te stesso narrandoti la vita di qualcun altro. Ci sono puzzle che ti rapiscono la mente fin da quando ne leggi la prima pagina. "La collezionista di sogni infranti", di Barbara Baraldi, è uno di questi puzzle.
Buona lettura.

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17 gennaio 2008
FINE DEL MON...

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Buona notte a tutti, va.

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16 gennaio 2008
INFORMATICO

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C'è chi dice che coltiva asparagi, chi lecca francobolli...

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15 gennaio 2008
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15 gennaio 2008
LOOP

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La battuta dei rapporti tronchi m'è venuta in macchina ieri, sotto la pioggia...

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13 gennaio 2008
RISPOSTA

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Ma la domanda, qual'era?

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9 gennaio 2008
MESSAGGI SUBLIMINALI

1262

Due cose.
1) Lo sfondo è VERAMENTE la mia camera al bed & breakfast.
2) Il libro c'era veramente, questo lunedì mattina.
Oibò. Sarò complessato io.

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8 gennaio 2008
COMUNICATO

1261

Speriamo che, almeno, calando la quantità migliori la qualità.

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1 gennaio 2008
2008

1260

E con oggi, le strissie vanno in vacansa fino alla befana circa! ^_^

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