"The frontier of our minds is the last place we find, but maybe the first place we should go."
Sono passati piu' di due anni dall'uscita del discusso "Hear in the now frontier". Nel frattempo, in casa Queensryche e' successo un po' di tutto: il tour che avrebbe dovuto promuovere quel disco e' stato bruscamente interrotto ("Hear" si era rivelato infatti un grosso insuccesso commerciale), e il chitarrista Chris DeGarmo ha annunciato la sua dipartita dalla band (le solite divergenze musicali o c'e' dell'altro?). A questo punto in molti, io per primo, ci siamo chiesti se i Queensryche sarebbero riusciti ad andare avanti mantenendosi sugli stessi picchi qualitativi del passato, privati improvvisamente del loro principale songwriter. Ma Tate e compagni non si sono dati per vinti, e, dopo aver comunicato l'entrata in formazione di tale Kelly Gray (chitarrista dei Myth, il primo gruppo di Tate), nel gennaio del '99 hanno organizzato un concerto per i soli membri del fans club, durante il quale hanno presentato alcuni pezzi nuovi e allietato il pubblico con i brani piu' heavy dell'epocale "Operation:Mindcrime". Un concerto che aveva un solo significato: confermare che la band era viva e vegeta. Ed ora, a distanza di mesi da quella esibizione live, e' giunta, finalmente, l'ora di Q2k, l'album della verità, il disco che ci dira', una volta per tutte, se la band possiede ancora l'ispirazione che gli ha permesso di creare i capolavori del passato.
Ora possiamo dirlo: i 'Ryche ce l'hanno fatta, ancora una volta. "Hear in the now frontier" non era un brutto disco, tutto sommato, ma mancava di qualcosa, forse di un pizzico di teatralita', forse di un po' di energia, forse di una produzione decente (e appropriata ad una band di tale nome), forse della loro leggendaria grandeur. In Q2K il gruppo recupera inaspettatamente tutte queste caratteristiche per comporre un qualcosa di unico, come suo solito, lontano da ogni possibilita' di paragone, con la consueta indiscutibile classe. Intendiamoci bene: questo non e' un ritorno al passato, e si rivelera' un piatto indigesto per tutti coloro i quali vorrebbero una sterile ripetizione di sonorita' gia' esperite (con successo) nei dischi precedenti. Q2K e' infatti un album animato da suoni moderni che fa proprie alcune delle ritmiche oggi piu' in voga (a tal proposito sentite il lavoro della sezione ritmica nella grandiosa "Burning man"), ma e', nella sua globalita', un lavoro deviante, inclassificabile. Un disco dei Queensryche, quindi, in tutto e per tutto. Per l'ennesima volta il gruppo abbandona le certezze del passato per esplorare nuove atmosfere, evitando di diventare la parodia di se stesso, cioe' quello che oggi sono diventate molte delle band del panorama mondiale.Ne e' venuto fuori un insieme di canzoni dalla straordinaria bellezza, e i primi ascolti addirittura commuovono, come se avessimo incontrato nuovamente un vecchio amico dopo anni di lontananza. L'impatto di "Falling down" sicuramente fara' strage: il riff portante ha un sapore blues ma viene incorporato perfettamente dentro il sound Queensryche, mentre Rockenfield percuote le pelli con la solita indiscutibile maestria. Una pezzo magnifico, incredibilmente intenso. Segue la avvolgente "Sacred ground", altro brano straordinario, caratterizzato da un'interpretazione mai cosi' passionale di Tate, sulla scia di songs come "The thin line" e "Anytime Anywhere". "One life" e' anomala nel suo incedere e basata su accordi dissonanti, mentre la successiva "When the rain comes..." possiede un'intensita' e un pathos difficilmente descrivibili, nonche' un Tate superbo e commovente, e sono solo brividi. "How could I?" e' una rock song dalla melodia fresca, ma forse e' uno di quei pezzi che necessitano di vari ascolti prima di essere compresi appieno. La successiva "Beside you", una preghiera fatta musica, si dimostra essere in pratica la ballad del disco, ed e' sognante ed eterea, condotta nell'alto dei cieli dalla consueta impareggiabile prestazione di Geoff, nuovamente teatrale. Eccezionali certi ricami di chitarra. Il viaggio continua, e adesso e' il turno di due dei pezzi migliori del disco, cioe' "Liquid sky", che vive di una melodia inusuale ma affascinante, e "Breakdown" dotata di eccezionale impatto, che non a caso sara' scelta come primo singolo. Rimangono ancora "Burning man", sorta di trip mentale e "Wot kinda man", condita di effetti wah wah e voci filtrate. E poi, l'ultimo pezzo, che, come al solito, come in ogni lavoro dei 'Ryche, e' un pezzo eccezionale, unico. L'onore di chiudere Q2K tocca a "The right side of my mind", che non ha niente da invidiare a "SpOOL", "Someone else?" o "Anybody listening?", brano da brividi e lacrime, un crescendo di emozioni indescrivibile, che fanno del pezzo uno dei migliori mai scritti dal gruppo, quasi sei minuti di magia ed un ritornello che sarà difficile dimenticare.
Si, i Queensryche sono ritornati, e sono in splendida forma, anche se sono sicuro che pure questo disco scatenerà le più svariate discussioni, perché come sempre e' un lavoro spiazzante, che si muove su territori mai esplorati dai comuni mortali. Come ho gia' detto, in ogni particolare, Q2K è un album dei Queensryche: prendere o lasciare.