LION'S SHARE - fall from grace
Febbraio 2000
Non avevo mai sentito niente dei Lion's share, lo ammetto, e, nonostante avessi sempre letto pareri abbastanza positivi sul loro conto, mi sono avvicinato al nuovo disco, "Fall from grace", con una buona dose di pregiudizi e di scetticismo. In soldoni, credevo di trovarmi davanti al solito gruppo che intende suonare il classico heavy metal anni '80 senza personalita' o senza voglia di osare; di dover ascoltare, insomma, una band come tante altre. Dopo i primissimi ascolti, "Fall from grace" non mi ha effettivamente entusiasmato ma, anzi, ha in buona parte confermato quelle che erano le mie (pessimistiche) aspettative. L'impressione che gli svedesi Lion's share fossero un gruppo mediocre, e' stata parzialmente smentita dai successivi ascolti dell'album, un disco tutt'altro che brutto o scontato, che regala buone emozioni e sa essere classico ma non prevedibile.
Gli otto pezzi presenti (tra i quali ci sono due cover), quasi sempre dei mid-tempo, prendono spunto dai riff dei Judas priest e dai Black Sabbath dell'era di mezzo, senza pero' mai risultare scialbe e inutili copie, e le melodie degli stessi, non facilmente assimilabili, affascinano sempre di piu', ascolto dopo ascolto. Aggiungiamoci atmosfere che molto devono a gruppi come i Cathedral (e quindi ancora ai Black Sabbath!), come ad esempio nella doom-eggiante title-track, ed ecco come puo' nascere un disco gradevole, magari non un capolavoro, che si lascia comunque ascoltare con piacere, senza pretendere di essere chissa' cosa.
I due brani iniziali, "Unholy rites" e "The edge of sanity" mettono subito le cose in chiaro: gli arrangiamenti sono essenziali e quindi privi di inutili orpelli (anche se certi passaggi tastieristici sono davvero indovinati!) e le chitarre sono robuste e graffianti, mentre la voce, non particolarmente originale, sa essere aggressiva quanto basta. La ballad "Remembrance" non e' affatto male, anche se la sua eccessiva lunghezza la rende alla lunga un po' monotona, e le due cover, cioe' "The day the earth caught fire" dei City Boy (pezzo davvero sublime che ammetto di non aver mai sentito nella versione originale) e "A touch of evil" dei Judas Priest sono davvero molto ben fatte (anche se nella seconda la prova vocale non e' proprio all'altezza di quella del "mostro" Rob Haldford, come era prevedibile, del resto).
Nel complesso, quindi, ci troviamo di fronte ad un disco sicuramente non eccezionale, ma che contiene allo stesso tempo degli spunti e delle intuizioni davvero interessanti (ancora una volta vorrei ricordare alcuni splendidi inserti di tastiera), che potrebbero attrarre chi vuole sentire heavy metal classico senza troppi fronzoli, con un buon impatto e delle melodie senza dubbio apprezzabili.

VOTO: 1/1
Gianluca "Geoff"
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INFO:
Anno: 2000
Etichetta: Massacre
Durata: 45.51 minuti
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