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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Marzo 2005

31 marzo 2005
NICOTINA III - NICOTINA

Risveglio. Bocca impastata e lingua vetrata.
Ho deciso di smettere di fumare da neanche tre giorni, e la vita si è già trasformata in un inferno. Se prima mi lamentavo del fatto che nei locali non si potesse più fumare, ora devo resistere dall’uscire fuori e accendermi una semplice sigaretta. Non credete a tutti quelli che vi dicono che smettere di fumare sia una cosa facile. Loro ce l’hanno fatta. E allora? Chi vi fa credere che ce la farete anche voi, quando e come vorrete?
Avrete un punto d’appoggio in meno, una sicurezza vacante non vi accompagnerà più mentre aspettate che arrivi il vostro 17 barrato, o sull’uscio di casa mentre spiove. Non potrete scrivere poesie sul vostro taccuino con una Lucky Strike all’angolo della bocca, o ascoltare l’ultimo singolo degli Equ schiacciando un mozzicone, il vostro mozzicone, col tacco sinistro della scarpa.
È l’inferno sceso in terra. Comincerete a notare le più piccole sfumature della vita di tutti i giorni, fino quasi a rasentare la follia. Riconoscerete il rumore dei passi della persona che vi segue in via XX Settembre, e cercherete di dimenticare il suono di quella che vi precede. Sentirete il fischio dei piccioni che volano rasenti in via del Campo, cercando di colpire il primo metallaro che passa. Riconoscerete la marca di una birra dal fischio che emetterà uscendo dallo spillatore sul bancone del vostro pub di fiducia.
Avrete a vostra disposizione tutta quella gamma di suoni che Genova vi ha sempre donato, e non avete mai avuto l’occasione di ascoltare. Starete impazzendo? Forse si. Ma se resisterete alla tentazione di ricominciare a fumare, e ricadere in quel tunnel di sola andata che porta soltanto al cancro ai polmoni, avrete raggiunto la vostra meta migliore, il vostro risultato più agognato. Avrete riassunto il controllo completo sul vostro corpo, e sulla vostra mente. Non sarete più soggetti a quella dipendenza che vi segnava lo spirito ed il corpo. Avrete vinto i suoni dimenticati di una civiltà sull’orlo dello sfascio. Avrete vinto, e basta.
Quando verrà quel giorno, riuscirete finalmente ad entrare in un locale senza avvertire immediatamente il desiderio di uscirne per fumare una semplice sigaretta. Non maledirete più l’inverno per il freddo che avete preso per colpa di Sirchia. Non spenderete più una parte del vostro capitale in piccoli bastoncini di cancro. Non vi perderete più tutte quelle armoniche sperdute che vivono nella vostra città, proprio in mezzo a voi, ma per le quali non avete mai avuto i polmoni per ascoltare. Il segreto, come si dice, è tutto nell’usare il diaframma.
Risvegliatevi. Bocca impastata e lingua vetrata anche a voi. Ma, in fondo, forse ne vale la pena.

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30 marzo 2005
NICOTINA II

La prima giornata è andata via, con l’astinenza che iniziava a farsi sentire alla sera. Strada verso casa, niente aperitivo con amici. Niente.
Oggi mi sono svegliato con la gola secca, e una voglia di accendermi una sigaretta da fare veramente paura. Cominciano a farsi vivi, nella coscienza, i tentativi di autoconvincermi che potrei anche smettere di cercare di smettere. Dopo neanche due giorni. È brutto dipendere da qualcosa. Sapere che senza di esso si sta male. E non sto parlando di una dipendenza emotiva, che forse è ancora più dolorosa e difficile da superare. Sto parlando di una dipendenza fisica. Una dipendenza che ti porta a convincerti di essere migliore con essa, e quindi a farti del male anche dal lato psicologico.
Perché si inizia a fumare? Per sentirsi migliori? Per stare in compagnia? Per mancanza di fiducia nei propri confronti? Forse per tutti questi motivi, forse per nessuno di essi. Io ho iniziato a fumare all’età di 22 anni. Quando la gente iniziava a smettere, o ci provava, io prendevo invece il biglietto per salire su quel treno di sola andata che si chiama cancro ai polmoni.
Forse non sarà bello descriverlo così, ma in effetti è esattamente di questo che si tratta, giusto? Cancro ai polmoni. Cancro. Bastoncini di cancro. Così avevo anche iniziato a chiamare le sigarette, dopo aver visto un film. E adesso, un libro mi ha dato una ulteriore, piccola spinta. L’ennesimo tentativo di riprendere in mano le chiavi della mia vita, e tentare per l’ennesima volta a smettere. Anche se avrei voglia, anche adesso, di accendermi una fottuta sigaretta. Vorrei andare dal tabacchino qui sotto e spendere i miei soldi in uno (o due, tanto per essere sicuro di non restare senza) fottuto pacchetto di sigarette. Ma se la volontà mi assiste, cercherò di resistere.
Domenica ho anche rivisto una vecchia amica, che mi ha detto che non fumava da una settimana. La spinta finale. Perché non riprovare? Perché non riuscire, finalmente? E pensare che, due anni fa, ero restato per un anno intero senza fumare. Non male. Ma, ahimè, sono risalito sull’autobus di sola andata verso il cancro. Ora sto ancora provando a rompere un finestrino per scendere. Non so se l’ho già incrinato, ma mi piace pensare di avere una bella rincorsa. Certo, il corridoio dell’autobus non è molto largo, ma so come si prende una rincorsa.
E su tutto questo, in mezzo a questa bella situazione, anche la voglia di smettere di bere. Non definitivamente, sia chiaro. Non ho assolutamente voglia di diventare astemio, ci mancherebbe. Ma ho semplicemente notato che, ultimamente, stavo un po’ esagerando. E allora, perché non unire le due torture e farsi la promessa di non toccare alcool per un mesetto? I primi di maggio dovrò andare a Cesenatico per tre giorni... fino ad allora, niente alcool. Niente birra. Niente cuba libre. Niente negroni. Niente whiskey e coca. Niente aperitivi. Niente di niente.
So che sarà difficile, uscendo con gli amici, ordinarsi qualcosa di analcolico e riuscire a resistere. Beh, voglio provare a farcela. Non so ancora come, ma ci voglio proprio provare. E se riuscirò anche a prendere qualcosa di non gasato, ci sarà veramente da gridare al miracolo.
Adesso smetto di scrivere i miei pensieri su carta e mi ributto nel lavoro... è più facile non pensare, e quindi non fumare, se si ha qualcosa di concreto da fare.
Questo è un consiglio. Cercherò di non dimenticarmelo!

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29 marzo 2005
NICOTINA I

“Nicotina”, ovvero l’ennesimo tentativo di smettere di fumare. Se quando vi alzate la mattina e andate in bagno le prime cose che osservate sono la vostra lingua verde e la pancia, allora forse dovreste iniziare a pensare di fare qualcosa. Per voi. Per gli altri. Forse solo per il vostro portafogli. Decidete voi.
Fatto sta che ieri ho preso l’ennesima decisione storica. Da oggi, smetto di fumare. E, già che ci sono, mi prendo anche una pausa di un mesetto sul bere. Poi vedremo. Intanto i buoni propositi ci sono. E metterò per iscritto tutte le sensazioni che mi attraverseranno la testa in questi giorni di disintossicazione, giusto come piccolo promemoria futuro, una specie di guida, o di avvertenze per chi volesse, come me, affrontare due demoni in un colpo solo.
Tutte le volte che mi prenderà voglia di accendermi una sigaretta, prenderò invece una penna in mano e inizierò a scrivere. Certo, l’idea non è male. E scrivere potrebbe distrarmi dalla mia voglia di fumare. Sarà lo scrivere su questa voglia, il grosso problema. Non vorrei che invece di sminuirmi la dipendenza, me la facesse aumentare. Ma chissà. Chissà che, invece, non funzioni proprio!
A presto, compagni di viaggio.

Ore 11.23: comincia a farsi sentire la voglia di fumarsi una sigaretta. Non tanta, anche perché ho avuto da fare tutta la mattina, e adesso si avvicina l’ora del pranzo, però... una sigaretta... piccola piccola...

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25 marzo 2005
LABYRINTH

Atmosfera di pace nella vecchia Genova. Musicisti che preparano una serata per un pubblico che, ahimè, non è mai facile. Suoni nell’aria e battiti di emozioni pulsanti come il ricordo di una goccia infrantasi nei sogni di uno stelo avvizzito. Tutto questo e l’armonia di melodie in costruzione, frammenti che troveranno il poro perché soltanto nel dipanarsi della serata, quando gli animi non saranno più in apprensione, e il ghiaccio si sarà sciolto.

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23 marzo 2005
FIAMMA

Spegni la fiamma che ti brucia dentro
con un soffio di voluttà perversa.

Spegni la fiamma che ti assale di notte
quando l’amore per le tue sicurezze
scompare con te e tutto il tuo essere.

Spegni la fiamma che sbiadisce all’alba
quando tutto ciò che nascondi dentro
ricompare d’improvviso e ti scopre
da tutte le tue inutili barriere.

Spegni la fiamma di quel vento
incostante come la tua stessa coscienza
ma ricorda fino all’ultimo respiro
che nulla può essere distrutto
finchè non sarai sepolto.

Spegni la fiamma di un goccio di vento
non ti porterà lontano come credi
o fingi di sperare anche oggi
quando nulla ti è rimasto di te
e nulla ti è rimasto di noi
che neanche esistiamo.

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23 marzo 2005
PIEDI

Senti il ritmo di un piede che cammina
solitario nella moltitudine di una via
e si smarrisce nel suono della follia umana
là dove le memorie svaniscono nei ricordi
e tutto diventa confuso e tetro.

Senti il ritmo di un piede che corre
per dimenticare il cammino percorso
in anni di veritiera indolenza
quando ancora non sapeva
e ancora non capiva con sicurezza
il significato di ogni singolo istante
e tutto appariva confuso e fumoso
allo stesso tempo.

Senti il ritmo di un piede che vola
sulle ali di una fuga imprecisata
fuga dalle sue passioni nascoste
fuga dalle sue pulsioni negate
e la coscienza non esisterà mai più
su questo suolo benedetto dal vino
che porta verità e allegria.

Senti il ritmo di un piede che muore
e io spiro con lui
esalando il penultimo sospiro bianco
nei fumi inesistenti di quest’ora perduta
aspettando che la veglia svanisca
e l’inconsistenza arrivi finalmente
con tutto il suo fardello di sostanze
noiose per la maggior parte di voi
ma indispensabile per me
che sono ancora qui seduto
ancora qui sdraiato
ancora qui in piedi sulla vita
che non conduco e continuo a sognare
ma mai diverrà realtà.

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3 marzo 2005
PAGINE VUOTE - TUNNEL

Sono bloccato nel tunnel della vita, quel tunnel buio e oscuro che è dentro ognuno di noi anche se non ce ne accorgiamo finchè non si spengono tutte le luci intorno. L’aria poco per volta comincia a mancare, si fa sempre più malsana, e anche solo la speranza di riuscire ad uscirne è un miraggio per gli stolti.
Persone irrequiete attorno, cadaveri ambulanti il cui unico tentativo in questa giornata di freddo e di neve è sopravvivere alla noia, senza sapere, senza capire. Ombre pallide e smorte che continuano ad oscillare perpetue come il tenuo baluginare di una candela arrugginita dal tempo.
Gridate la vostra rabbia al vento, non otterrete risposta. Stracciate il giornale del vostro vicino che vi siede accanto in queste ore maledette, e otterrete soltanto di placare quella parte di voi che sarebbe stato tanto meglio se fosse rimasta nascosta, se fosse rimasta sepolta.
Guardatevi attorno, o fantasmi dal corpo ancora maledetto dal respiro della vita, e vedrete carni che sono in putrefazione proprio come voi. Guardatevi attorno, e imprecate liberamente cercando di mondarvi lo spirito con le vostre parole, con i vostri dialoghi, con le vostre inutili e malcelate speranze.
Camminate, correte, inciampate, rialzatevi. È la noia che ve lo comanda, è la boria che ve lo consiglia. Avete spento le luci che illuminano tutta l’aria, ed il tunnel all’improvviso s’è fatto buio, tetro, nero, sempre più freddo.
Avete slacciato quella cintura che vi allacciava alla vita, e state scivolando lungo una via gelata che non concede ritorni, con sirene tutte attorno. Non stanno cercando di ammaliarvi, o moderni prometei dal fiato corto e la memoria inesistente, ma stanno andando a prestare soccorso a spettri più fortunati di voi. Loro, forse si, sono finalmente riusciti ad uscire dal tunnel.
Consigliate pure le più assurde teorie di sopravvivenza, non serviranno. A niente.
Ed io che sono qui in mezzo a tutti voi, spiro e sospiro di sollievo. Non crediate che mi senta migliore di voi, soltanto perché sto gettando queste tracce d’inchiostro su pagine vuote e stropicciate dal tempo. Io sono peggio di voi, più condannato del più infelice essere che esiste su questa terra. Vivo, respiro, cammino, scrivo, gioisco e patisco, ma sempre nel modo sbagliato. Riesco a volte ad illudermi che questo oscuro tunnel non mi circondi, solo per riscoprire sempre di più ogni volta che non è possibile non farne parte, non è pensabile uscirne, mentre il tempo scorre via e la musica assorda le orecchie e cerca invano di placare lo spirito.
A cosa possiamo aspirare, compagni di tragedie, in questo misero copione vergato in un qualunque giovedì invernale dalle angherie della tirannia degli eventi? Non c’è modo di cancellare la realtà che ci circonda, che cerca di sopraffarci e ci riesce senza neanche troppi sforzi. Non abbiamo difese, se non quelle della nostra apparente sicurezza. Non abbiamo scudi, e ci ripariamo dietro specchi rotti che riflettono solamente le nostra insane idee di vittoria. Non abbiamo modo di cambiare il nostro modo di pensare, il nostro modo di vedere, il nostro modo di respirare. Siamo soltanto un marcio branco di cavie destinate all’oscurità. Siamo soltanto un marcio branco di cavie condannate dalla nascita a soddisfare i desideri di un dio che neanche conosciamo. Ci siamo costruiti i nostri, piccoli e insignificanti dei, e cosa abbiamo ottenuto? Siamo ancora nel centro di questo curvo e tetro tunnel.
Fate marcia indietro, voi che avete ancora la speranza al vostro fianco. Io che non credo più all’esistenza di un futuro migliore, resto qui in ascolto, e attendo. Sarà il tempo a portare la soluzione. Sarà il tempo a salvarmi l’anima.
E non crediate che sia soltanto un modo come un altro per arrendermi ed avere la coscienza pulita. Esistono momenti, nella vita di chiunque, in cui si deve accettare la realtà. Fare i furbi non serve a niente. Siamo tutti bloccati in questo inferno senza fiamme, e possiamo soltanto sperare che prima o poi si spengano anche le voci di tutti quei demoni che ci sussurrano accanto. Non vogliamo ascoltarli, non vogliamo credere alle loro parole. Non siamo stupide cavie. Cavie si, ma non stupide. Non trattateci da tali, o vi spezzeremo il fiato con le nostre speranze, con le nostre illusioni, con i nostri princìpi. Non siamo indifesi come potrebbe sembrare a quel dio che non conosciamo, ma che neanche ci conosce. Siamo condannati a vivere in questo tunnel, è vero, con la promessa che prima o poi ne usciremo, ma la nostra forza è proprio il saper riconoscere le menzogne. Noi aspetteremo. Noi moriremo anche, in questo tunnel, se necessario. Ma sappiamo dove ci troviamo. Conosciamo quello che ci circonda, anche se a volte cerchiamo di dimenticarcelo.
Noi conosciamo la verità. Non ne possiamo restare delusi. Non questa volta. Non ancora. Non più.

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1 marzo 2005
CITTÀ DI MARE

Mi lascio cogliere dalle visioni
di cime montuose innevate
stagliate senza preavviso
a ridosso del mare salato
e mi accorgo con grande stupore
di una città arroccata
e sferzata dal freddo vento invernale
proprio lì davanti ai miei occhi,
una città dal sangue caldo
e lo spirito indomito.

Mi lascio cogliere dai pensieri
e volgo lo sguardo a destra
dove lei svetta orgogliosa
e illumina gli sguardi
dei cento navigatori perduti
che rincorrono ancora
i loro sogni di fanciulli.

Mi lascio cogliere da te
e tutto il mio spirito trema
di gioia e colore,
sei come questa città
che mi si para davanti agli occhi
burbera e orgogliosa
dal passato oscuro per chi non la conosce,
e su questo pensiero
fermo per un istante la mente ed il cuore
e lascio che quei colli, quei mattoni,
quella neve e quelle navi
mi abbraccino come il vento lontano
e mi portino più vicino a loro
affinchè io scopra finalmente
il vero senso della vita.

Ho spento la luce
sull’essenza del ponte divino
che ci unisce con l’aldilà
solo per incontrare te
e dimenticarmi di me stesso.

Ho spento la voce
sull’assenza di un calore infinito
e mi sono ricordato
di essere ancora vivo
in questo giorno inesistente
che non volgerà mai al termine.

Ho spento la pace
e richiamato i miei demoni
affinchè mi tengano compagnia
in questa città di mare
eterna come il dolore.

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