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Daniele Assereto
Daniele
Assereto


 
Novembre 2004

25 novembre 2004
PAGINE VUOTE - LAMENTO

Siamo sempre pronti a lamentarci. Tirchi o parsimoniosi, noi genovesi abbiamo talmente a cuore la perfezione che non ci facciamo scappare occasione per dire la nostra su questo o quell’argomento. E poi, abbiamo talmente a cuore le nostre origini, che le ostentiamo con orgoglio ogni volta che ci troviamo in ambienti che non ci sono familiari.
Andiamo particolarmente orgogliosi di Fabrizio De Andrè. Il poeta, l’anarchico, il cantante, possiamo chiamarlo come vogliamo, ma sarà sempre e comunque il genovese che è riuscito a portare alta la bandiera delle sue origini, e ci ha anche regalato quel piccolo inno locale che è "Creuza de ma".
Altri cantanti non genovesi hanno poi parlato di noi. Paolo Conte ha definito la nostra città "dai giorni tutti uguali", guardandola con malinconia dai suoi occhi disillusi ma incantati. Cosa intendesse con quel verso, non lo so. Forse, ma questo è un piccolo azzardo personale, posso provare ad immaginare che Genova conservi la sua anima tra le mura e i vicoli abbarbicati sul mare, e quando si ha l’onore e la gioia di perdersi nel suo intricato defluire, sembra che il tempo si fermi, ti prenda anche un po’ in giro, e i giorni magicamente scompaiono. Svaniscono. E la tua coscienza con loro.
È un piacere accendere la televisione, il martedì sera, e vedere i comici Luca e Paolo che accennano "Olidin Olidena" o "Ma se ghe pensu" in una trasmissione nazionale, quasi a voler far conoscere a tutta la nazione le loro origini, sapendo poi che quando citano "Corso Buenos Aires" il genovese medio subito vede quella splendida via che con le luci natalizie assume un aspetto ancora più intimo di quanto non appaia durante il resto dell’anno. Anche questo, in fondo, è orgoglio ligure.
Orgoglio che ci portiamo dentro anche quando ascoltiamo Francesco Guccini che dedica una canzone a quelle fatidiche giornate del G8, quando il terrore e la follia si impadronirono delle vie di Genova e ci regalarono una popolarità che non avremmo mai voluto, non in quel modo, e di cui dobbiamo ancora curarci le ferite. Ma "Piazza Alimonda", splendida pagina musicale inchiostrata in un canzoniere colmo di pagine vuote, è lì per testimoniare che anche questo, è passato da noi.
Accadono poi piccole avvisaglie che ci fanno sperare in un futuro migliore. Da poco, infatti, è in vendita nei negozi di dischi l’ultimo lavoro di Mauro Pagani, autore e cantante che collaborò con il nostro Fabrizio nella stesura di quel capolavoro già citato che è "Creuza de ma". Era il lontano 1984. Sono quindi passati vent’anni. Ma le creuze sono ancora lì, a raccontare le loro storie di vita vissuta o solamente immaginata, a ricordarci che i giorni a Genova possono essere tutti uguali ma allo stesso tempo tutti diversi, come dopotutto sono i vicoli stessi. La voce di Mauro è diversa da quella di Fabrizio, la sua interpretazione di quelle canzoni è melodica, e si fa fatica ad ascoltarle senza andare con la mente a quel disco di venti anni prima, a quella voce calda che ce le ha fatte amare e imprimere indelebilmente nella nostra memoria. Inevitabile il paragone, anche se non vorremmo, anche se siamo felici lo stesso di rivedere sugli scaffali di un grande magazzino un disco che ci rappresenti in tutta la nostra genovesità. Mauro si scusa anche, nel disco, per la sua pronuncia magari non perfetta che potrebbe far storcere il naso ad un linguista puro. Ma noi passiamo oltre. Non ci badiamo. E allora di cosa ci stiamo ancora lamentando? Di niente. Di tutto.
In fondo, siamo pur sempre, e ancora, genovesi.

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3 novembre 2004
PAGINE VUOTE - MUSICA A GENOVA

Genova è una città strana. Quando più di dieci anni fa, per la prima volta, ho iniziato a esplorare le sue vie alla ricerca di qualche negozio di dischi ben fornito, mi sono perso. Le vie erano tutte così contorte e lastricate di nomi strani, che sembravano portare allo stesso posto e da nessuna parte, contemporaneamente. Poi, poco per volta, giorno dopo giorno, ho cominciato a capire la sua geografia perennemente stentorea. Ho scoperto gioielli di passaggi che conducevano come d’incanto esattamente là dove io volevo arrivare. E mi sono lasciato condurre per mano in quei negozi dai nomi strani, Black Widow, On Stage, Vynil Magic, Old Disco Club, Barricada, CD Sound, Power Station, Pink Moon, e tanti altri ancora...
Era un piacere girovagare per i vicoli di Genova e non solo quelli scoprendo mese dopo mese, ciottolo dopo ciottolo, che c’era sempre qualche posto nuovo che avrebbe attirato la mia attenzione e, inesorabilmente, le mie poche e inesperte finanze. Era un piacere. E lo è tutt’ora. Ma qualcosa è infine cambiato.
Col passare delle stagioni, il grande libro dei negozi di Genova si è evoluto, è migliorato e peggiorato allo stesso tempo, e se da una parte sono un po’ scomparsi o perlomeno diminuiti i negozi piccoli in cui trascorrevo ore a parlare con i gestori, sono invece aumentate le grandi catene come Ricordi, Music Store, e FNAC. Il grande libro dei negozi si è riempito di pagine vuote con lo sparire dei piccoli club, ma si è arricchito di nuovi capitoli dedicati a realtà internazionali. E con loro sono arrivati anche i musicisti.
Dieci anni fa, pochi artisti decidevano di degnarci della loro presenza e passare per Genova. O se lo facevano, subito qualcuno gridava al miracolo. Così feci io, quando venne Mike Patton con i suoi Mr Bungle alla Festa dell’Unità. Era il 2000, e le acque stavano per fortuna già iniziando a smuoversi.
Oggi siamo visitati da musicisti del calibro di Elton John, Modena City Ramblers, Giorgia, The Corrs, Marco Masini, Michael Bublè, Elio e le Storie Tese, Pino Daniele, Fiorella Mannoia, e sono solo i primi che mi vengono casualmente in mente. Cosa è cambiato, nel frattempo? Innanzitutto la spinta dell’essere Capitale della Cultura 2004, anche se a sentire i "mugugni" dei vecchi genovesi che si incontrano per via San Vincenzo sembra che le cose siano solo peggiorate, e che non si sia saputa sfruttare a pieno una simile occasione. E intanto, i lavori per la metropolitana procedono.
Cosa è cambiato, quindi, in questi ultimi anni? I negozi di dischi si sono evoluti, e con loro la città stessa. Ho sempre meno occasioni di poter girovagare per quelle vie che ho imparato a conoscere dopo tanti sforzi e dopo essere capitato in troppi angoli ciechi. Ho sempre meno tempo per potermi dedicare alla musica, sia essa sotto forma di concerti o di visite a quei negozi che ho imparato a conoscere e ad amare. Ho forse più finanze a mia disposizione, che però finiscono sempre allo stesso modo: troppo in fretta.
Adesso vi lascio e corro a cercare l’ultimo album di un artista che, per questa volta, non vi svelerò. Devo solo decidere se, per farlo, mi convenga prendere la metropolitana.

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1 novembre 2004
PAGINE VUOTE - ARRIVEDERCI

È passata una vita da quando tutto è cominciato. Se fossi un architetto al suo ritorno dalla Cappella Sistina, avrei iniziato queste righe con il classico "c’era una volta", ma non essendolo devo limitarmi ad osservare che le stagioni si sono susseguite senza sosta, implacabili come una gru Vernazza senza freni, lanciata senza controllo per una discesa scoscesa. Ma come tutte le cose che iniziano, ecco che anche questa è giunta al suo termine. Alla sua conclusione. Al suo apice e al suo fulgore.
È triste lasciare un posto quando vi si è passato tanto tempo, è triste lasciare tanti amici con cui si hanno condiviso infinite vite, infinite gioie, incredibili dolori. Ma quando giunge l’ora, non si deve guardare indietro, ma volgere lo sguardo al futuro. E sorridere. Anche se si porta ancora l’apparecchio.
La mia permanenza al Dipartimento di Informatica è oramai terminata, e come tutte le esperienze della mia vita, mi lascerà dentro segni indelebili che porterò con me finchè la memoria mi sorreggerà. E allora non potrò dimenticare tutte quelle lezioni seguite, quei docenti che poco per volta ho imparato ad apprezzare e ammirare prima come persone e poi come insegnanti, quelle ore passate davanti ad un terminale per consegnare il progetto di turno, sempre con l’acqua alla gola.
Aneddoti in particolare ne potrei raccontare tantissimi, e forse non ha senso cercare di ricordarli tutti qui, in questo poco spazio, dopotutto non ho cento pagine vuote a mia disposizione, ma solo poche righe prima che la noia assalga i miei sfortunati lettori. Allo stesso tempo però non posso non ricordare il privilegio e l’onore di aver portato un pizzico di goliardia in un dipartimento che ho imparato ad amare soltanto dopo avervi passato dentro tante, troppe ore. Quelle mura bianche e pulite non potranno dimenticare facilmente gli scherzi alle matricole, la bacheca del settimo piano, le assistenze nei laboratori, le feste di Natale, la nascita del sito degli studenti, diciannove pagine di ringraziamenti in una singola tesi, e così via…
Sarà bello ritornare tra qualche tempo, e vedere cosa sarà cambiato nel frattempo, cosa sarà peggiorato e cosa migliorato. Questo perché tutto cambia. Tutto peggiora e tutto migliora allo stesso tempo. Tutto scorre. Tutto, ed io con esso. Il mio tempo è ormai passato. Lascio a tutti voi il piccolo testimone che mi sono sforzato di portare avanti in questi lunghi anni.
Il mio in fondo non è un addio, ma un semplice arrivederci. Arrivederci a quando io verrò da voi, o quando voi verrete da me. Non importa chi sarà a muoversi, se Maometto o la montagna. L’importante, dopotutto, è che non si vada tutti al mare...
E la prossima volta che studierete statistica e vi troverete in un pub, alla sera, dopo aver studiato tutto il giorno, ricordatevi che anche voi, ebbene si, proprio in quel momento, state alzando la media.
Alla prossima occasione insieme, anima del Dipartimento di Informatica. Se hai voglia, ricordati di me.

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